MILANO - 2 anni e mezzo di carcere. Questa la condanna chiesta dal pm del Tribunale di Milano Gaetano Ruta per gli stilisti Stefano Dolce e Domenico Gabbana, imputati insieme ad altri, tra amministratori e commercialisti, per omessa dichiarazione dei redditi e dichiarazione infedele.
La coppia più glam della moda italiana è accusata di non avere dichiarato tasse sulle royalties per circa 1 miliardo di euro. Insomma, non certo noccioline. La richiesta è stata fatta per il solo reato di omessa dichiarazione dei redditi, visto che l’altro è caduto in prescrizione ad aprile.
Nello specifico, secondo l’accusa gli stilisti avrebbero venduto i marchi D&G e Dolce&Gabbana a una società creata nel 2004 in Lussemburgo, la Gado, per non pagare le tasse in Italia.
«C’è stata la tendenza in questo processo a tenere i due imputati un po’ fuori dalla porta», ha detto nella sua requisitoria il magistrato. «Molti testimoni dicevano che non si occupavano di queste cose, e che non sapevano, che erano i creativi».
Invece, sarebbero stati proprio loro a beneficiare di più, indirettamente, di questa operazione «perché la Gado era controllata all’80 per cento dalla D&G Srl, di cui Dolce e Gabbana erano soci al 50 per cento ciascuno. Questa tassazione fortemente privilegiata ha consentito loro un indubbio vantaggio».
Nel novembre 2011 la Cassazione aveva disposto per i due la citazione diretta a giudizio per omessa dichiarazione dei redditi, dopo aver annullato l’ordinanza del Gip di Milano con cui erano stati prosciolti dalle accuse di truffa aggravata e dichiarazione infedele dei redditi «perché il fatto non sussiste».
Come se non bastasse, l’avvocato dell’agenzia delle Entrate ha chiesto anche una provvisionale di 10 milioni di euro per danno all’immagine.
Diario del Web
La coppia più glam della moda italiana è accusata di non avere dichiarato tasse sulle royalties per circa 1 miliardo di euro. Insomma, non certo noccioline. La richiesta è stata fatta per il solo reato di omessa dichiarazione dei redditi, visto che l’altro è caduto in prescrizione ad aprile.
Nello specifico, secondo l’accusa gli stilisti avrebbero venduto i marchi D&G e Dolce&Gabbana a una società creata nel 2004 in Lussemburgo, la Gado, per non pagare le tasse in Italia.
«C’è stata la tendenza in questo processo a tenere i due imputati un po’ fuori dalla porta», ha detto nella sua requisitoria il magistrato. «Molti testimoni dicevano che non si occupavano di queste cose, e che non sapevano, che erano i creativi».
Invece, sarebbero stati proprio loro a beneficiare di più, indirettamente, di questa operazione «perché la Gado era controllata all’80 per cento dalla D&G Srl, di cui Dolce e Gabbana erano soci al 50 per cento ciascuno. Questa tassazione fortemente privilegiata ha consentito loro un indubbio vantaggio».
Nel novembre 2011 la Cassazione aveva disposto per i due la citazione diretta a giudizio per omessa dichiarazione dei redditi, dopo aver annullato l’ordinanza del Gip di Milano con cui erano stati prosciolti dalle accuse di truffa aggravata e dichiarazione infedele dei redditi «perché il fatto non sussiste».
Come se non bastasse, l’avvocato dell’agenzia delle Entrate ha chiesto anche una provvisionale di 10 milioni di euro per danno all’immagine.
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