- 31 Agosto 2010
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ROMA - Staminali sicure, abbondanti e senza bisogno di distruggere embrioni. La "pietra filosofale" della medicina era apparsa nel 2007 in un laboratorio di Kyoto, quando il ricercatore giapponese Shinya Yamanaka aveva preso delle cellule adulte ed era riuscito a trasformarle in staminali "bambine". Il dibattito etico pareva sul punto di dissolversi: grazie a questo metodo era possibile ottenere staminali della stessa qualità di quelle embrionali, ma senza bisogno di distruggere embrioni. Trovare la via sgombra da ostacoli però sarebbe stato un sogno irrealistico.
Oggi infatti un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto che le staminali ottenute con il metodo Yamanaka non sono del tutto sicure. Durante il processo di riprogrammazione (la trasformazione da adulte in staminali), il Dna delle cellule subisce uno stress. Dei piccoli frammenti si cancellano, altri vengono alterati. E la cellula che si ottiene nel vetrino di laboratorio rischia più facilmente delle altre di diventare tumorale. La scoperta (pubblicata su Cell death and differentiation) è frutto di uno studio milanese, cui hanno collaborato alcuni ricercatori svizzeri. Agli esperimenti hanno partecipato Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare), Istituto europeo di oncologia, San Raffaele e Università di Milano.
Fonte: LaRepubblica
Oggi infatti un gruppo di ricercatori italiani ha scoperto che le staminali ottenute con il metodo Yamanaka non sono del tutto sicure. Durante il processo di riprogrammazione (la trasformazione da adulte in staminali), il Dna delle cellule subisce uno stress. Dei piccoli frammenti si cancellano, altri vengono alterati. E la cellula che si ottiene nel vetrino di laboratorio rischia più facilmente delle altre di diventare tumorale. La scoperta (pubblicata su Cell death and differentiation) è frutto di uno studio milanese, cui hanno collaborato alcuni ricercatori svizzeri. Agli esperimenti hanno partecipato Ifom (Istituto Firc di oncologia molecolare), Istituto europeo di oncologia, San Raffaele e Università di Milano.
Fonte: LaRepubblica