- 28 Febbraio 2012
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Sono ormai un obiettivo realistico i computer 'viventi' fatti di cellule: nei laboratori si affinano le armi per andare oltre l'elettronica. A raccontare i prossimi sviluppi e' il bioingegnere francese Jerome Bonnet, che lavora nell'università californiana di Stanford e che con il suo gruppo di ricerca è fra i pionieri in questo campo.
Di recente Bonnet e il suo gruppo hanno realizzato il primo circuito a base di Dna, un vero e proprio transistor biologico e lo scorso anno hanno realizzato altri due componenti che aprono la strada a un futuro computer cellulare: un archivio riscrivibile per immagazzinare dati fatto di Dna e un meccanismo per tramettere informazioni fra le cellule, una sorta di internet biologica, chiamata bi-fi. “Le cellule – ha spiegato Bonnet - già possono essere paragonate a computer perché analizzano il loro ambiente, calcolano e prendono decisioni”. Ad esempio, prosegue Bonnet, quando un organismo si sviluppa e le cellule si differenziano per diventare un neurone, o una cellula pancreatica, scelgono di attivare programmi genetici diversi. Per questo i futuri computer 'viventi' saranno fatti di cellule e faranno calcoli utilizzando le funzioni dei geni; si preparano ad interagire con la materia vivente per entrare direttamente nelle cellule e controllarne i processi, per diagnosticare malattie o controllare se una terapia funziona, oppure potranno essere utilizzati per monitorare l'ambiente.
I programmi genetici, ha aggiunto Bonnet, possono essere controllati per varie applicazioni, sia per studiare e capire meglio la biologia con nuovi strumenti di controllo, o ingegnerizzare cellule per varie compiti, per esempio diagnosticare malattie o segnalare anomalie, come la presenza di inquinanti ambientali. Per visualizzare i risultati dei ‘calcoli’ non dobbiamo immaginare degli schermi ma la risposta che si vuole sapere dal computer genetico viene fornita dalle cellule sotto forma di colori: inserendo un gene che produce una proteina fluorescente o colorata la cellula si colora o meno e dice, per esempio, ‘vero’ o ‘falso’. Si sta lavorando perché i bio- computer possano essere incorporati negli organismi viventi, dai batteri ai funghi.
“Non siamo in competizione con l'elettronica perché non avrebbe senso – ha sottolineato Bonnet - invece vogliamo inventare un computer che possa operare dove l'elettronica non funziona, e portiamo i principi del calcolo nelle cellule viventi per varie applicazione, sia studiare e capire meglio la biologia, sia programmare cellule per rispondere a vari problemi, come quelli di salute. Un computer cellulare utilizza molecole biologiche per effettuare operazione elementari e controllare processi cellulari come la crescita, la motilità o la sintesi di varie molecole”. Costruire circuiti biologici sintetici, ha concluso, “ci aiuta anche a comprendere meglio i principi che governano i sistemi biologici naturali''.
fonte:ANSA.it
Di recente Bonnet e il suo gruppo hanno realizzato il primo circuito a base di Dna, un vero e proprio transistor biologico e lo scorso anno hanno realizzato altri due componenti che aprono la strada a un futuro computer cellulare: un archivio riscrivibile per immagazzinare dati fatto di Dna e un meccanismo per tramettere informazioni fra le cellule, una sorta di internet biologica, chiamata bi-fi. “Le cellule – ha spiegato Bonnet - già possono essere paragonate a computer perché analizzano il loro ambiente, calcolano e prendono decisioni”. Ad esempio, prosegue Bonnet, quando un organismo si sviluppa e le cellule si differenziano per diventare un neurone, o una cellula pancreatica, scelgono di attivare programmi genetici diversi. Per questo i futuri computer 'viventi' saranno fatti di cellule e faranno calcoli utilizzando le funzioni dei geni; si preparano ad interagire con la materia vivente per entrare direttamente nelle cellule e controllarne i processi, per diagnosticare malattie o controllare se una terapia funziona, oppure potranno essere utilizzati per monitorare l'ambiente.
I programmi genetici, ha aggiunto Bonnet, possono essere controllati per varie applicazioni, sia per studiare e capire meglio la biologia con nuovi strumenti di controllo, o ingegnerizzare cellule per varie compiti, per esempio diagnosticare malattie o segnalare anomalie, come la presenza di inquinanti ambientali. Per visualizzare i risultati dei ‘calcoli’ non dobbiamo immaginare degli schermi ma la risposta che si vuole sapere dal computer genetico viene fornita dalle cellule sotto forma di colori: inserendo un gene che produce una proteina fluorescente o colorata la cellula si colora o meno e dice, per esempio, ‘vero’ o ‘falso’. Si sta lavorando perché i bio- computer possano essere incorporati negli organismi viventi, dai batteri ai funghi.
“Non siamo in competizione con l'elettronica perché non avrebbe senso – ha sottolineato Bonnet - invece vogliamo inventare un computer che possa operare dove l'elettronica non funziona, e portiamo i principi del calcolo nelle cellule viventi per varie applicazione, sia studiare e capire meglio la biologia, sia programmare cellule per rispondere a vari problemi, come quelli di salute. Un computer cellulare utilizza molecole biologiche per effettuare operazione elementari e controllare processi cellulari come la crescita, la motilità o la sintesi di varie molecole”. Costruire circuiti biologici sintetici, ha concluso, “ci aiuta anche a comprendere meglio i principi che governano i sistemi biologici naturali''.
fonte:ANSA.it