- 11 Ottobre 2009
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Il problema riguardo alla possibilità che su Marte possa esistere una qualche forma di vita è aperto da tempo e sono ormai molte le missioni spaziali che sono state inviate sul pianeta rosso nella speranza di trovare qualche traccia di attività biologica, ma ancora non disponiamo degli elementi che abbiano risolto questo en igma. Adesso, una serie di esperimenti condotti in Italia, simulando l’ambiente marziano e i suoi effetti su alcuni tipi di batteri terrestri, ha dimostrato che alcuni tipi di microorganismi possono resistere per tempi relativamente lunghi alle condizioni estreme presenti sul pianeta, che, per le sue condizioni superficiali, è il più simile alla Terra. Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Padova ha simulato le condizioni esistenti sulla superficie di Marte e i suoi effetti su alcuni ceppi di batteri per controllare la loro resistenza a questo ambiente extraterrestre. Il simulatore, denominato LISA (Laboratorio Italiano Simulazione Ambienti), riproduce le condizioni marziane, con temperature che vanno da +23 a – 80 °C, un’atmosfera con il 95% di anidride carbonica, una pressione compresa tra 6 e 9 millibar (meno di 1/100 di quella terrestre) e un intenso flusso di radiazione ultravioletta (Marte non è protetto da una fascia di ozono come la Terra). Il risultato degli esperimenti è stato molto promettente: alcuni tipi di batteri sono sopravvissuti per 28 ore in queste condizioni estreme.
Immagine al microscopio del Bacillus Pumilus, uno dei microorganismi che sembra resistere meglio alle estreme condizioni dell’ambiente marziano.
Due di queste famiglie di batteri – Bacillus Pumilus e Bacillus Nealsonii – sono usati comunemente in esperimenti di laboratorio dove vengono simulate condizioni molto particolari per controllare gli effetti indotti in questi microorganismi, in quanto producono delle endospore quando vengono stressati. Le endospore sono strutture interne dei batteri che incapsulano il DNA e parte del citoplasma in una specie di guscio spesso, al fine di prevenire il loro danneggiamento. L’esperimento ha mostrato che le cellule vegetative dei batteri muoiono dopo pochi minuti dall’esposizione alle “condizioni marziane”, a causa della scarsissima presenza di acqua e dell’intensa radiazione ultravioletta. Quando però questi batteri vengono ricoperti da un sottile strato di ceneri vulcaniche e di ossidi di ferro sotto forma di polveri, la loro sopravvivenza è molto più elevata. Questi risultati mostrano quindi che batteri di questo tipo presenti nell’immediato sottosuolo marziano, dove sono protetti dalle radiazioni ionizzanti, possono sopravvivere per lunghi periodi di tempo. Grazie a questi risultati e a quelli raccolti dalla sonda della NASA Phoenix, che lo scorso anno ha scoperto sul suolo marziano abbondanze relativamente alte di perclorati, sembra che sia proprio il caso di continuare a cercare eventuali forme di vita di tipo batterico sul pianeta rosso. Chiaramente, i risultati di questi esperimenti non dimostrano che su Marte esiste la vita, ma che nelle attuali condizioni e in particolari “nicchie”, ad esempio in aree dove è presente una qualche forma di attività idrotermale (su Marte esistono molti vulcani apparentemente spenti), qualche forma di attività biologica potrebbe aver trovato le condizioni adatte per potersi sviluppare.
fonte:focus
Immagine al microscopio del Bacillus Pumilus, uno dei microorganismi che sembra resistere meglio alle estreme condizioni dell’ambiente marziano.
Due di queste famiglie di batteri – Bacillus Pumilus e Bacillus Nealsonii – sono usati comunemente in esperimenti di laboratorio dove vengono simulate condizioni molto particolari per controllare gli effetti indotti in questi microorganismi, in quanto producono delle endospore quando vengono stressati. Le endospore sono strutture interne dei batteri che incapsulano il DNA e parte del citoplasma in una specie di guscio spesso, al fine di prevenire il loro danneggiamento. L’esperimento ha mostrato che le cellule vegetative dei batteri muoiono dopo pochi minuti dall’esposizione alle “condizioni marziane”, a causa della scarsissima presenza di acqua e dell’intensa radiazione ultravioletta. Quando però questi batteri vengono ricoperti da un sottile strato di ceneri vulcaniche e di ossidi di ferro sotto forma di polveri, la loro sopravvivenza è molto più elevata. Questi risultati mostrano quindi che batteri di questo tipo presenti nell’immediato sottosuolo marziano, dove sono protetti dalle radiazioni ionizzanti, possono sopravvivere per lunghi periodi di tempo. Grazie a questi risultati e a quelli raccolti dalla sonda della NASA Phoenix, che lo scorso anno ha scoperto sul suolo marziano abbondanze relativamente alte di perclorati, sembra che sia proprio il caso di continuare a cercare eventuali forme di vita di tipo batterico sul pianeta rosso. Chiaramente, i risultati di questi esperimenti non dimostrano che su Marte esiste la vita, ma che nelle attuali condizioni e in particolari “nicchie”, ad esempio in aree dove è presente una qualche forma di attività idrotermale (su Marte esistono molti vulcani apparentemente spenti), qualche forma di attività biologica potrebbe aver trovato le condizioni adatte per potersi sviluppare.
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