La Coca Cola era razzista
Repubblica — 17 novembre 2000 pagina 29 sezione: POLITICA ESTERA
NEW YORK - La più famosa bibita del mondo nell' occhio del ciclone: mentre viene accusata di aver manipolato il proprio prezzo in Borsa, la Coca Cola ammette di aver discriminato i neri fra i propri impiegati e si prepara a pagare un risarcimento record. Per evitare un processo per discriminazione razziale, la Coca Cola, il cui quartier generale è nel sud degli Stati Uniti, ad Atlanta, in Georgia, ha riconosciuto di aver praticato in passato una politica anti-neri e ha accettato di versare 192,5 milioni di dollari (circa 400 miliardi di lire), la cifra più alta mai pagata per una causa legata ai diritti civili. Oltre all' esborso - che ha già provocato una flessione in Borsa del titolo - e alla pessima figura, che peserà sulla sua immagine, la Coca Cola dovrà sottoporre la propria politica del personale al costante monitoraggio di un organismo indipendente. L' accusa, che l' azienda ha preferito, alla fine, non contestare in tribunale, era di aver sistematicamente corrisposto ai neri salari inferiori a quelli dei bianchi, nei suoi impianti negli Stati Uniti, e di aver preferito i bianchi ai neri nelle promozioni e nelle valutazioni che servono di base alle gratifiche annuali. Ai 2mila ricorrenti andranno, in media, 75mila dollari, oltre 150 milioni di lire. L' accordo prevede, infatti, il versamento di 113 milioni di dollari in contanti e di oltre 40 milioni di dollari per riequilibrare le buste paga. Oltre ai 20 milioni di dollari che sono finiti nelle tasche degli avvocati, la Coca Cola si è impegnata a finanziare, con 36 milioni di dollari, la creazione di un apposito organismo di monitoraggio della propria politica del personale, in particolare per quanto riguarda salari, promozioni, valutazioni di produttività. Ne faranno parte 7 membri, tre scelti dagli avvocati dei ricorrenti, 3 dall' azienda, più un presidente scelto dalle due parti. In più, l' azienda pagherà i costi di un telefono, da chiamare gratis per presentare reclami, che saranno investigati da un apposito ombusdman. Sono gli stessi passaggi previsti da un analogo accordo raggiunto, quattro anni fa, in un altro gigante dell' economia americana, questa volta del petrolio, la Texaco. Una autentica camicia di forza, che il nuovo presidente Doug Daft, evidentemente convinto che l' azienda avesse qualcosa da nascondere, ha preferito accettare per evitare di veder deteriorare ulteriormente l' immagine di un prodotto destinato in particolare ai giovani. Ma non è l' unico guaio del colosso di Atlanta. Un fondo di investimenti di Filadelfia (con un patrimonio gestito di 80 milioni di dollari) accusa l' azienda di aver artificialmente gonfiato il prezzo delle sue azioni, l' anno scorso, imponento alle ditte di imbottigliamento di comprare Coca Cola per un valore di 3- 400 milioni di dollari, in modo da abbellire il suo bilancio trimestrale. Qualche mese dopo, visto che le cifre delle vendite rimanevano stagnanti, la Coca Cola dovette ammettere che le previsioni di bilancio per il 2000 non erano rosee, con conseguente caduta del prezzo delle azioni. L' azienda definisce le accuse "senza fondamento e anche ridicole". - dal nostro inviato MAURIZIO RICCI