- 22 Ottobre 2011
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Nel momento dell’estrema unzione il Regno dei Cieli spalanca le sue porte ad ogni cristiano, a cui vengono mondati tutti i peccati in vita. Dovrebbe essere questa la sorte per ogni credente, ma proprio chi ne tramanda i precetti, ovvero la Chiesa, spesso pecca di ipocrisia, lasciando che anche nel fatale abbraccio dell’ultimo sonno le ragioni ideologiche prevalgano su quella carità cristiana di cui sono ambasciatori. La morte di Lucio Dalla ne è l’ultimo triste esempio.
Lucio Dalla era gay. Non è un mistero per nessuno, benché lui, cattolico praticante, non avesse mai fatto il coming out: ma per le alte gerarchie ecclesiastiche era meglio che questo aspetto della sua vita non venisse fuori, e così nel giorno dei funerali nella basilica di San Petronio a Bologna, l’amore della sua vita Marco Alemanno viene presentato come amico o collaboratore. In passato c’è stato anche di peggio, come ricorda anche Sciltian Gastaldi nel suo blog su Il Fatto Quotidiano on line, quando nel 2005, alla morte dello scrittore Giuseppe Patroni Griffi, il compagno Aldo Terlizzi venne introdotto dal prete come suo figlio, mentre era noto a chiunque che lo scrittore aveva adottato il fidanzato solo per risolvere i problemi legati all’eredità.
La questione è molto semplice: se sei gay non puoi avere funerali in chiesa. Nemmeno se sei un suicida che fino all’ultimo ha lucidamente rifiutato il dono della vita, a meno che non ti chiami Mario Cal e sei il braccio destro di Don Verzé. Ma tanti sono i casi controversi: il Vaticano negò i funerali a Piergiorgio Welby, credente convinto, diventato simbolo di una disputa tutta ideologica sul testamento biologico, tra dubbi e perplessità degli stessi fedeli. Però c’è una buona notizia per i mafiosi: loro possono tranquillamente ricevere l’estremo saluto in una chiesa, è successo a tanti affiliati alle cosche, noti e meno noti. Anche se sei un membro della Banda della Magliana hai tutti gli onori del caso, anzi puoi addirittura riposare per l’eternità all’interno della cripta della basilica di Sant’Apollinare a Roma, proprietà Opus Dei.
Si può essere omosessuali e allo stesso tempo credere in Dio? Si può decidere di non vivere più attaccato ad un respiratore per andare incontro ad una morte naturale senza essere condannato per l’eternità? E non è più grave essere stato un criminale per tutta la vita che amare persone dello stesso sesso o voler morire con dignità? Domande che dovrebbero attraversare le gerarchie ecclesiastiche, da sempre immobili per definizione, a dispetto del sentire del suo popolo: ma per usare i versi di una canzone di De André, loro conoscono il diritto divino, e scordano sempre il perdono.