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[h=3]Prima annuncia il voto contrario, poi il dietrofront. E alla fine l’esecutivo di Enrico Letta incassa 235 sì e 70 no[/h]
«Mettendo insieme le aspettative e il fatto che l’Italia ha bisogno di un governo che produca riforme istituzionali e strutturali abbiamo deciso, non senza interno travaglio, per il voto di fiducia». Dopo aver annunciato che avrebbe detto «no» al governo Letta, Berlusconi - all’ultimo - fa retromarcia e prendendo la parola nell’aula del Senato annuncia che tutto il suo gruppo voterà per la continuazione dell’esperienza del governo (salvo poi dire, all’uscita da Palazzo Madama, un sibillino: «Non c’e’ stata nessuna marcia indietro»). L’esecutivo è dunque salvo e ha abbondantemente i numeri per governare: alla fine sono 235 i sì, e 70 i no. Solamente sei senatori del Pdl alla fine hanno deciso di non partecipare al voto : Sandro Bondi, Manuela Repetti, Remigio Ceroni, Augusto Minzolini, Alessandra Mussolini, Nitto Palma. Quanto a Berlusconi, è stato tra i primi - essendo stata estratta la lettera B - a sfilare davanti ai banchi della presidenza per esprimere il suo sì nella chiama individuale. Molti abbracci e strette di mano di solidarietà lo hanno poi accompagnato fino all’uscita dall’edificio, dove un centinaio di persone lo ha fischiato e insultato.
LA MATTINATA - Il gruppo del Pdl al Senato aveva deciso in un primo tempo per la sfiducia al governo Letta, senza scongiurare la spaccatura del partito. La decisione era arrivata in un convulso vertice tra lo stesso Berlusconi e i parlamentari del Pdl, dopo il
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. «Voi fallirete, avete avuto come unico risultato quello di spaccare il Pdl, noi non assisteremo a questa umiliazione del nostro partito, di Berlusconi e dell’Italia» aveva detto in Aula Sandro Bondi rivolto a Letta. Ma almeno ventitré dissidenti del Pdl avevaPerfavore,
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no già annunciato il «sì» al governo. Tanto che Maria Stella Gelmini aveva ammesso: «I destini sono separati. Fine».IL PARTITO - Già nelle prime ore della mattinata, Berlusconi aveva lasciato ipotizzare una possibile apertura alla fiducia dicendo ai giornalisti: «Vediamo che succede... Sentiamo il discorso di Letta e poi decidiamo». Apertura che, però, aveva poi compreso, non gli sarebbe bastata a scongiurare la spaccatura del Pdl, tanto da spingerlo a votare la sfiducia. Proprio mentre era in corso il vertice, infatti, i dissidenti avevano lasciato intendere che avrebbero dato vita, comunque, a un gruppo autonomo. «Se il Pdl decidesse di votare la fiducia, sarebbe una scelta francamente tardiva, per cui noi valuteremo il da farsi e probabilmente decideremo di dare vita a gruppi parlamentari autonomi» aveva fatto sapere Roberto Formigoni.