Philip Collins
Quando i medici gli dissero che aveva il tumore e gli rimanevano sei mesi di vita, Philip Collins, britannico del Dorset, non ci pensò due volte: si licenziò, vendette tutto e comprò una moto, una superaccessoriata Triumph che era sempre stata il suo sogno. Voleva godersi così gli ultimi giorni di vita. Ma la diagnosi è poi risultata sbagliata. L'uomo è sano e adesso fa causa al sistema sanitario perchè vuole la sua vita indietro, quella di cui si era liberato. L'accusa è di averlo «distrutto»: in primo luogo per le conseguenze sulla sua salute dei potenti farmaci prescritti per combattere il tumore, che risultò essere molto meno minaccioso di quanto diagnosticato, ed evidentemente non mortale. Per non parlare, poi, dei danni materiali: oggi, a 61 anni, Collins non ha più un lavoro, ha dato fondo ai risparmi e anche al suo fondo pensione. E anche dal punto di vista emotivo, che ha coinvolto anche i familiare: con la moglie avevano anche organizzato uno straziante 'ultimo natalè. «Quando mi dissero che avevo il cancro, ero ancora in condizioni di fare tutto quello che volevo - ha detto Collins al Times - ma quando poi mi hanno detto che non avevo niente è stato un colpo. Se hai passato due anni pensando di dover morire e poi ti viene detto che non è così, è una cosa che ti distrugge».
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