- 22 Novembre 2008
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IL CINEMA D’ANIMAZIONE
L’animazione è ormai un genere che si è inserito stabilmente nell’universo
cinematografico contemporaneo ma nella storia le cose non sono sempre
andate in questo modo. Per molti anni tale filone è stato considerato privo di
alcuna valenza e inadatto ad un pubblico adulto. Molti gli riconoscevano il
solo scopo d’intrattenere bambini e ragazzi con favole dal contenuto leggero e
di facile comprensione. Gli stessi autori del genere non attribuivano ai loro film
alcuna pretesa di considerazione e, nella maggior parte dei casi, ripiegavano su
pellicole semplici, di scarsa profondità. Negli ultimi anni però, forse per
impulso delle nuove tecnologie informatiche, ideatori e registi hanno iniziato a
rivalutare questo settore che ha prodotto, peraltro, veri e propri capolavori. E
oggi, anche se ancora a fatica, si sta cominciando a guardare al cinema
d’animazione alla stregua di tutti gli altri filoni. Conseguentemente anche il
target di riferimento di queste pellicole si sta allargando, giungendo a
comprendere un’audience più adulta, basti pensare ad opere recentissime come
Il Principe d’Egitto della Dreamworks, che propone temi di grande spessore,
comprensibili a fondo solo da parte di un pubblico esperto e ‘navigato’.
Un po’ di storia
Dalle origini…
Gli studi sull’animazione hanno preso avvio negli ultimi anni dell’Ottocento,
ma per assistere ai primi esperimenti concreti si è dovuto attendere il 1906,
anno in cui l’americano J. Stuart Blackton realizzò una serie di disegni che,
proiettati in successione, davano l’illusione del movimento. Nel 1907 lo stesso
Blackton produsse il primo cartone animato della storia: The Magic Fountain
Pen, (che mostrava una penna in grado di scrivere da sola).
Fu però un francese, Emile Chol, a capire le potenzialità di tale invenzione e
a dar vita, fra il 1908 e il 1918, a ben un centinaio di pellicole.
IL CINEMA D’ANIMAZIONE
L’animazione è ormai un genere che si è inserito stabilmente nell’universo
cinematografico contemporaneo ma nella storia le cose non sono sempre
andate in questo modo. Per molti anni tale filone è stato considerato privo di
alcuna valenza e inadatto ad un pubblico adulto. Molti gli riconoscevano il
solo scopo d’intrattenere bambini e ragazzi con favole dal contenuto leggero e
di facile comprensione. Gli stessi autori del genere non attribuivano ai loro film
alcuna pretesa di considerazione e, nella maggior parte dei casi, ripiegavano su
pellicole semplici, di scarsa profondità. Negli ultimi anni però, forse per
impulso delle nuove tecnologie informatiche, ideatori e registi hanno iniziato a
rivalutare questo settore che ha prodotto, peraltro, veri e propri capolavori. E
oggi, anche se ancora a fatica, si sta cominciando a guardare al cinema
d’animazione alla stregua di tutti gli altri filoni. Conseguentemente anche il
target di riferimento di queste pellicole si sta allargando, giungendo a
comprendere un’audience più adulta, basti pensare ad opere recentissime come
Il Principe d’Egitto della Dreamworks, che propone temi di grande spessore,
comprensibili a fondo solo da parte di un pubblico esperto e ‘navigato’.
Un po’ di storia
Dalle origini…
Gli studi sull’animazione hanno preso avvio negli ultimi anni dell’Ottocento,
ma per assistere ai primi esperimenti concreti si è dovuto attendere il 1906,
anno in cui l’americano J. Stuart Blackton realizzò una serie di disegni che,
proiettati in successione, davano l’illusione del movimento. Nel 1907 lo stesso
Blackton produsse il primo cartone animato della storia: The Magic Fountain
Pen, (che mostrava una penna in grado di scrivere da sola).
Fu però un francese, Emile Chol, a capire le potenzialità di tale invenzione e
a dar vita, fra il 1908 e il 1918, a ben un centinaio di pellicole.
La molla era dunque scattata e negli anni a venire sarebbero nati molti altri
autori di rilievo, specialmente negli Stati Uniti, dediti nella maggior parte dei
casi, all’adattamento per il grande schermo dei protagonisti più famosi dei
fumetti. A tal proposito ricordiamo Pat Sullivan con Felix the Cat e Gregory La
Cava, il primo ad utilizzare il colore, che negli anni venti realizzerò uno dei
suoi personaggi più famosi: Woody Wood Pecker (Picchiatello).
Ma in quegli anni stava per dare inizio ad fenomeno senza precedenti, un
ancora sconosciuto disegnatore pubblicitario americano, tale Walt Disney che,
nel 1927, insieme a Ub Iwerks, diede vita ad una figura chiave, tanto per il
mondo dei fumetti che per quello dell’animazione, quale il topo Mortimer,
divenuto nel 1928, in occasione del cortometraggio Steam Boat Willie, il più
noto Mickey Mouse.
Questo l’inizio di una leggenda che in pochi anni ha trasformato Walt
Disney nel più grande realizzatore di cartoni animati a lungometraggio della
storia. Produttore e monopolizzatore assoluto del cinema d’animazione, con
produzioni ad alto costo e di grande successo, Disney ha saputo, infatti, creare
un impero economico che è sopravvissuto alla sua scomparsa e che è riuscito a
rinnovarsi continuamente, sia da un punto di vista stilistico che tecnologico.
Film d’esordio di questo impero Biancaneve e i sette nani (Snow White and the
seven Dwarfs), per la realizzazione del quale furono necessari: tre anni di
lavorazione, trentadue disegnatori a tempo pieno ed un budget da capogiro.
(Il film è stato recentemente restaurato e, messo in vendita, continua a
riscuotere lo stesso successo).
Ma in questo periodo, definito da più studiosi come la vera ‘età dell’oro’ del
cartone animato, cominciò a delinearsi la carriera di un altro gigante del
genere, Fritz Freleng, fondatore nel 1963 di una compagnia che più tardi
avrebbe rilevato tutti i cartoons della Warner. Degni di menzione anche Chuk
Jones, cui si devono personaggi come: Bugs Bunny, Daffy Duck, Road Runner e
Wile E. Coyote e
i coniugi William Hanna - Joseph Barbera, autori nel 1940 della celebre serie di
Tom & Jerry e fondatori nel 1957 di una famosa compagnia cui si devono
Yoghi Bear e The Flintstones.
Frattanto in Italia molti artisti riuscivano a lavorare grazie alle molteplici
inserzioni pubblicitarie richieste per Carosello. Fra tutti si ricordano Nino Pagot
e Bruno Bozzetto, ideatore quest’ultimo nel 1960, di una serie di cortometraggi
incentrati sul nevrotico piccolo borghese Signor Rossi.
Per concludere segnaliamo il primo lungometraggio d’animazione nazionale,
realizzato da Anton Gino Domeneghini con il nome di La Rosa di Bagdad , più
tardi ribattezzato da alcuni La lampada di Aladino e da altri Amin e la lampada
di Aladino.
… Ai nostri giorni
In tempi recenti sono emersi nuovi talenti come il noto Don Bluth che ha
stretto forti legami con Steven Spielberg; i due rappresentano oggi l’unico vero
concorrente della Disney. Le loro produzioni più interessanti: Chi ha incastrato
Roger Rabbit e Il Principe d’Egitto.
Per quanto riguarda l’Italia possiamo segnalare le due pellicole firmate da
Enzo D’Alò, vale a dire La Freccia Azzurra e La Gabbianella e il Gatto,
realizzate con il contributo dell’istituto torinese ‘La Lanterna Magica’ e che, pur
non utilizzando tecniche d’animazione eccezionali, presentano piacevoli
personaggi e messaggi di grande efficacia. Mai come in quest'anno comunque
(2000-2001) i cartoni animati hanno dimostrato di avere potenzialità enormi.
Ha aperto le danze la DreamWorks con il suo Shrek, storia iperrealista di un
orco verde alle prese con una bella principessa e primo film animato
presentato in concorso al Festival di Cannes. A farla da padrone, tecnologie
informatiche sempre più all'avanguardia: i personaggi sono, infatti, realizzati in
3D grazie a effetti speciali incredibili, ottenuti con strumenti chiamati ‘shaper’,
con i quali gli animatori hanno sovrapposto strati allo scheletro personaggio,
dalla muscolatura, ai vestiti, ai capelli. Una vera e propria rivoluzione della
‘computer animation’ che si basa su questi numeri: una troupe di 275 persone,
50 modellini di plastica, 1250 oggetti di scena e ambientazioni, 28.186 piante
per un totale di 3 miliardi di foglie.
Shrek ha peraltro segnato la strada ad una nuova pellicola, Final Fantasy, che
ha fatto gridare al miracolo: i protagonisti sono completamente digitali ma
sembrano attori in carne ed ossa. La perfezione e la cura nel ricreare persino le
ciglia, l'iride e altri minuscoli particolari umani hanno raggiunto livelli
d'eccezione, tanto che il sindacato degli attori americani ha sollevato obiezioni
sulla validità dell'esperimento. Come dire: abbiamo paura che gli attori digitali
surclassino quelli reali. Sono altrettanto belli, forse di più, non fanno capricci e
recitano esattamente come vuole il regista. Meglio di così…
E adesso c'è grande attesa per Monsters, Inc., in uscita negli Usa a novembre,
che si preannuncia come il cartoon-evento della già lodatissima Pixar di John
Lasseter, in associazione con la Disney. Chi non ricorda Toy Story? Stiamo
parlando degli stessi autori, stavolta alle prese con tre simpatici mostriciattoli
che comunicano con la Terra attraverso gli armadi dei bambini. Prestano le
loro voci i noti attori Billy Crystal, John Buscemi e James Coburn. I trailer
presentati un po' ovunque hanno convinto: anche questo straordinario
connubio tra tecnologia e pennelli avrà successo. Anzi, si preannuncia come il
‘blockbuster’ dell'anno.
Da parte loro, gli studios Disney rispondono con un tradizionale kolossal
sottomarino, Atlantis The Lost Empire, dove la computer grafica affianca
discretamente il lavoro degli animatori. Per la prima volta niente intermezzi
canori e vocalizzi di belle fanciulle, solo avventure mozzafiato in puro stile
Jules Verne.
Le Tecniche
Il contenuto fondamentale di ogni tecnica di animazione ed in particolare
modo del disegno animato, è la possibilità di trasformare un elemento
bidimensionale (come un foglio di carta) in un universo tridimensionale,
perfettamente credibile e quindi vivibile se in risonanza con la propria natura e
sensibilità. E’ evidente che per ottenere tutto ciò, il solo disegno (o la sola
scultura in plastilina) non basta; serve introdurre altri fattori quali il
movimento, il commento musicale, e così via.
Disegni Animati
Questa tecnica è sicuramente la madre di tutto l’universo che stiamo
esplorando; molta strada è stata fatta: dal disegno ‘frame by frame’ (prima a 12
fotogrammi al minuto e poi a 24), in cui ogni movimento del soggetto
richiedeva la ripetizione completa di tutto il disegno, compresi i fondali, si è
passati all’uso della ‘cel di acetato’ (reinventata più volte nelle diverse regioni
del mondo: un fenomeno di coevoluzione artistica dovuto alla scarsa
comunicazione in questo particolare campo espressivo). Tale ‘cel’ trasparente
permette, infatti, di sovrapporre al piano dei fondali, che rimane così fisso per
diversi fotogrammi, i soggetti in movimento, riducendo enormemente i tempi
di lavoro per unità di tempo effettivo di animazione e permettendo una
maggiore resa artistica.
I principi tecnici basilari del disegno animato sono i seguenti:
1 Per prima cosa, la storia a cui s’intende dare vita viene
rappresentata in modo molto dettagliato mediante uno
‘storyboard’, costituito da una serie di disegni e schizzi delle varie
scene da realizzare;
2 Stabiliti tutti i particolari, il lavoro passa nelle mani degli
animatori (dai responsabili della creazione fisica e spirituale del
personaggio, agli intercalatori dei singoli fotogrammi, fino agli
artisti del ‘clean-up’, operazione di fondamentale importanza per
rendere omogenei ed uniformi i tratti di un personaggio creato
da mani diverse), ai pittori responsabili dei fondali, ai tecnici degli
effetti speciali (quali fumo, pioggia, lampi, ombre, ecc.);
3 I disegni vengono prima eseguiti su carta, quindi montati in
‘rough-reels’; un meccanismo che consente una prima verifica dei
risultati raggiunti;
4 Una volta approvato il tutto, i singoli fotogrammi vengono
ricopiati su ‘cels’ (una volta a mano, ora con l’ausilio sempre più
incisivo del computer), colorati, ordinati in sequenza e fotografati
uno dopo l’altro: ne occorrono 24 per ottenere un secondo di
animazione. La credibilità di ciò che si vedrà sullo schermo è
dovuta all’impiego di una particolare tecnica con la quale le
‘cels’ vengono fotografate: si utilizza, infatti, la ‘multiplane
camera’ (ideata da Ub Iwerks), uno strumento nel quale lo
sfondo (che a sua volta può essere composto da diversi piani) e i
soggetti animati sono disposti in modo da ottenere un verosimile
effetto di profondità e di tridimensionalità;
5 Al film, ormai completo, vengono aggiunti gli effetti sonori (voci
in, off e over, rumori, ecc.) nonché la traccia musicale;
Una volta eseguito il montaggio e aggiunti i ‘credits’ iniziali e finali, il
prodotto è ultimato e pronto per essere presentato al pubblico.
Stop-Motion
Sorella minore della tecnica a ‘Disegni Animati’, la ‘Stop-Motion’ ha trovato
forse più spazio ed un maggior utilizzo, nel cosiddetto cinema "dal vero" dov’è
stata e viene comunemente usata per la creazione di effetti speciali. I principi
fondamentali seguiti rimangono quelli dei disegni animati: si procede cioè al
passo uno (frame by frame). In questo caso però, l’oggetto da animare è una
scultura in plastilina o un pupazzo meccanico (come nel caso di: The Nightmare
before Christmas del notturno e geniale Tim Burton), oggetti già dotati di una
propria tridimensionalità e consistenza. Nell’arco di ogni secondo, il
personaggio viene mosso leggermente per ben 24 volte (e come accade
frequentemente, anche in modo molto complesso) in uno scenario costruito
con le debite proporzioni.
La ‘Stop-Motion’ che sfrutta le sculture di plastilina risulta chiaramente la
tecnica più impegnativa poiché ad ogni variazione di espressione o
movimento, lo scultore è costretto ad intervenire sul modello per apportare le
modifiche del caso; con i pupazzi meccanici (ove con il termine "meccanico"
intendo indicare un’anima di metallo dotata di snodi articolari) il problema
viene risolto intervenendo sulle articolazioni e mettendo così "in posa" il
soggetto o sostituendo la testa per modificare l’espressione del viso.
Un impiego della ‘Stop-Motion’, insieme ad altre tecniche che
considereremo in seguito, è stato fatto anche in Jurassic Park di Steven
Spielberg (come se fosse necessario specificare il regista!): la scena che vede
l’attacco dei due Raptors nella cucina del centro turistico è stata appunto
"realizzata" in parte con questa tecnica da artisti quali Phil Tippet e Randy
Dutra.
Ma questo sistema è stato usato recentemente con molto successo anche nel
film: Galline in Fuga (Chiken Run) di Peter Lord, che avremo modo di vedere
in uno dei nostri incontri.
Go-Motion
Il ‘Go-Motion’ è una modificazione, o per meglio dire un’automazione, della
già descritta ‘Stop-Motion’. Il soggetto è sempre un pupazzo meccanico, in
questo caso dotato di snodi e articolazioni controllate da microprocessori e
tutto il sistema è in collegamento ‘bitronic’ (il pupazzo può cioè ricevere ed
inviare informazioni di movimento mediante un computer).
L’azione viene prima eseguita con la manipolazione classica della ‘Stop-
Motion’, cioè compiuta dell’animatore sul pupazzo: durante questa fase, la
macchina invia segnali elettrici che vengono registrati dal computer. Al
momento della ripresa, il suddetto movimento viene eseguito riproducendo le
informazioni acquisite dal computer durante la prima fase. Esempi avanzati di
questa tecnica sono riscontrabili in Jurassic Park, dove alcuni effetti speciali,
soprattutto quelli riguardanti l’attacco del T. Rex, sono stati prodotti
utilizzando pupazzi controllati da DID (Dinosaur Input Device) e utilizzando le
informazioni di movimento, ottenute mediante manipolazione diretta, per la
costruzione delle immagini al computer.
Silhouettes
Questa tecnica si basa sull’impiego di figure di cartoncino nero ritagliate e
poste in modo opportuno su sfondi, normalmente bianchi o comunque molto
chiari; il risultato è che le figure sembrano come in controluce, dando al
prodotto finale un’atmosfera morbida e particolare.
La più grande artista che si è valsa di questa tecnica è sicuramente Lotte
Reinger, autrice di un numero molto elevato di lungometraggi fra cui Die
Abenteuer des Prinzer Achmed, Carmen e L’elisir d’amore, rimarchevoli per il
senso di delicatezza, raffinatezza e fragilità delle filigrane animate che vi
recitano.
Mosaico
La tecnica del ‘mosaico’ possiede molti punti in comune con quella delle
‘silhouettes’; anche in questo caso i soggetti vengono disegnati su cartoncino e
ritagliati ma, a differenza delle filigrane delle ombre cinesi, presentano una
colorazione spesso molto vivace.
Esempi tipici di questa tecnica sono i cortometraggi ed i mediometraggi
realizzati da Giulio Giannini e da Emanuele Luzzati (Italia, anni'70) come
Pulcinella, La gazza ladra, Il flauto magico e L’italiana in Algeri; opere pervase
da un’ingenuità che esercita un’azione liberatoria sulla fantasia, grazie anche al
commento sonoro, fornito dalle omonime musiche di Rossini.
C.G.I. (Computer Generated Imagery)
L’impiego del computer sta prendendo fortemente piede anche nel campo
dell’animazione: il suo utilizzo permette, infatti, di ottenere risultati di forte
impatto emotivo, in tempi inferiori a quelli normalmente richiesti
dall’animazione convenzionale.
Le immagini della ‘CGI’ possono essere realizzate in diverse maniere:
1 Una prima tecnica consiste nel disegnare tutti gli stadi di
animazione del soggetto: i singoli disegni vengono poi
digitalizzati mediante ‘scannering’ e fatti riprodurre dal
calcolatore (il Tiger God del disneyano Aladdin, lo spirito di
Mufasa in The Lion King); mediante il calcolatore si può anche
moltiplicare all’infinito uno stesso soggetto, come nella scena
della carica degli gnu nel già citato The Lion King;
2 Diversamente i singoli fotogrammi possono essere realizzati tutti
dal computer, con un’animazione totalmente "virtuale" (scena
finale in Jurassic Park: il T. Rex ed i Raptors sono stati tutti
generati elettronicamente in sede di post-produzione; oppure la
folla parigina di The Hunchback of Notre Dame).
In ultima analisi, vista la sempre più diffusa presenza dell'elaborazione
elettronica nel campo dell'animazione, diamo un'occhiata ai principali livelli di
impiego:
Illuminazione: le luci e le ombre di scena vengono riprodotte
mediante la colorazione elettronica (tecnica che la Disney impiega
già da alcuni anni mediante il Pixar).
In sede di layout: i movimenti di camera e le prospettive con le
quali sono visti i personaggi vengono calcolati dal computer,
fornendo le "coordinate di disegno" agli animatori (scena del ballo in
Beauty and the Beast, scena della liberazione di Esmeralda ne The
Hunchback of Notre Dame e così via).
Frame buffer: questa applicazione prevede il "riempimento"
elettronico di alcune aree di un personaggio disegnato
dall’animatore con un motivo tecnicamente impossibile da
riprodurre per ogni fotogramma (a meno che non si intenda
realizzare il lungometraggio in dieci anni!). E’ il caso del tappeto in
Aladdin, ottimo esempio di questa tecnica: il personaggio è stato
disegnato con la normale procedura (da Randy Cartwright) e
successivamente è stato introdotto il disegno della trama del
tappeto; ad ogni movimento, tale trama è stata elettronicamente
"deformata" per seguire le linee di disegno ed il profilo del
personaggio.
Generazione di fondali: gli sfondi sono creati elettronicamente e
su di essi vengono sovrapposti i normali disegni dei personaggi
(scena della fuga dalla Cave of Wonders ancora in Aladdin, la
Cattedrale in alcune scene di The Hunchback of Notre Dame).
Oppure, come nel più recente Dinosauri della Disney, sono paesaggi
reali, ripresi con telecamere in un primo momento, sui quali
vengono sovrapposti personaggi creati al computer.
Portare alla luce un film d’animazione quindi non è un’impresa semplice;
dietro ai personaggi che vediamo muoversi sullo schermo con tanta naturalezza
c’è un enorme lavoro da parte di uomini e mezzi ed un impiego di forze a
volte superiore a quello necessario per produrre una pellicola con attori in
carne ed ossa.
L’animazione è ormai un genere che si è inserito stabilmente nell’universo
cinematografico contemporaneo ma nella storia le cose non sono sempre
andate in questo modo. Per molti anni tale filone è stato considerato privo di
alcuna valenza e inadatto ad un pubblico adulto. Molti gli riconoscevano il
solo scopo d’intrattenere bambini e ragazzi con favole dal contenuto leggero e
di facile comprensione. Gli stessi autori del genere non attribuivano ai loro film
alcuna pretesa di considerazione e, nella maggior parte dei casi, ripiegavano su
pellicole semplici, di scarsa profondità. Negli ultimi anni però, forse per
impulso delle nuove tecnologie informatiche, ideatori e registi hanno iniziato a
rivalutare questo settore che ha prodotto, peraltro, veri e propri capolavori. E
oggi, anche se ancora a fatica, si sta cominciando a guardare al cinema
d’animazione alla stregua di tutti gli altri filoni. Conseguentemente anche il
target di riferimento di queste pellicole si sta allargando, giungendo a
comprendere un’audience più adulta, basti pensare ad opere recentissime come
Il Principe d’Egitto della Dreamworks, che propone temi di grande spessore,
comprensibili a fondo solo da parte di un pubblico esperto e ‘navigato’.
Un po’ di storia
Dalle origini…
Gli studi sull’animazione hanno preso avvio negli ultimi anni dell’Ottocento,
ma per assistere ai primi esperimenti concreti si è dovuto attendere il 1906,
anno in cui l’americano J. Stuart Blackton realizzò una serie di disegni che,
proiettati in successione, davano l’illusione del movimento. Nel 1907 lo stesso
Blackton produsse il primo cartone animato della storia: The Magic Fountain
Pen, (che mostrava una penna in grado di scrivere da sola).
Fu però un francese, Emile Chol, a capire le potenzialità di tale invenzione e
a dar vita, fra il 1908 e il 1918, a ben un centinaio di pellicole.
IL CINEMA D’ANIMAZIONE
L’animazione è ormai un genere che si è inserito stabilmente nell’universo
cinematografico contemporaneo ma nella storia le cose non sono sempre
andate in questo modo. Per molti anni tale filone è stato considerato privo di
alcuna valenza e inadatto ad un pubblico adulto. Molti gli riconoscevano il
solo scopo d’intrattenere bambini e ragazzi con favole dal contenuto leggero e
di facile comprensione. Gli stessi autori del genere non attribuivano ai loro film
alcuna pretesa di considerazione e, nella maggior parte dei casi, ripiegavano su
pellicole semplici, di scarsa profondità. Negli ultimi anni però, forse per
impulso delle nuove tecnologie informatiche, ideatori e registi hanno iniziato a
rivalutare questo settore che ha prodotto, peraltro, veri e propri capolavori. E
oggi, anche se ancora a fatica, si sta cominciando a guardare al cinema
d’animazione alla stregua di tutti gli altri filoni. Conseguentemente anche il
target di riferimento di queste pellicole si sta allargando, giungendo a
comprendere un’audience più adulta, basti pensare ad opere recentissime come
Il Principe d’Egitto della Dreamworks, che propone temi di grande spessore,
comprensibili a fondo solo da parte di un pubblico esperto e ‘navigato’.
Un po’ di storia
Dalle origini…
Gli studi sull’animazione hanno preso avvio negli ultimi anni dell’Ottocento,
ma per assistere ai primi esperimenti concreti si è dovuto attendere il 1906,
anno in cui l’americano J. Stuart Blackton realizzò una serie di disegni che,
proiettati in successione, davano l’illusione del movimento. Nel 1907 lo stesso
Blackton produsse il primo cartone animato della storia: The Magic Fountain
Pen, (che mostrava una penna in grado di scrivere da sola).
Fu però un francese, Emile Chol, a capire le potenzialità di tale invenzione e
a dar vita, fra il 1908 e il 1918, a ben un centinaio di pellicole.
La molla era dunque scattata e negli anni a venire sarebbero nati molti altri
autori di rilievo, specialmente negli Stati Uniti, dediti nella maggior parte dei
casi, all’adattamento per il grande schermo dei protagonisti più famosi dei
fumetti. A tal proposito ricordiamo Pat Sullivan con Felix the Cat e Gregory La
Cava, il primo ad utilizzare il colore, che negli anni venti realizzerò uno dei
suoi personaggi più famosi: Woody Wood Pecker (Picchiatello).
Ma in quegli anni stava per dare inizio ad fenomeno senza precedenti, un
ancora sconosciuto disegnatore pubblicitario americano, tale Walt Disney che,
nel 1927, insieme a Ub Iwerks, diede vita ad una figura chiave, tanto per il
mondo dei fumetti che per quello dell’animazione, quale il topo Mortimer,
divenuto nel 1928, in occasione del cortometraggio Steam Boat Willie, il più
noto Mickey Mouse.
Questo l’inizio di una leggenda che in pochi anni ha trasformato Walt
Disney nel più grande realizzatore di cartoni animati a lungometraggio della
storia. Produttore e monopolizzatore assoluto del cinema d’animazione, con
produzioni ad alto costo e di grande successo, Disney ha saputo, infatti, creare
un impero economico che è sopravvissuto alla sua scomparsa e che è riuscito a
rinnovarsi continuamente, sia da un punto di vista stilistico che tecnologico.
Film d’esordio di questo impero Biancaneve e i sette nani (Snow White and the
seven Dwarfs), per la realizzazione del quale furono necessari: tre anni di
lavorazione, trentadue disegnatori a tempo pieno ed un budget da capogiro.
(Il film è stato recentemente restaurato e, messo in vendita, continua a
riscuotere lo stesso successo).
Ma in questo periodo, definito da più studiosi come la vera ‘età dell’oro’ del
cartone animato, cominciò a delinearsi la carriera di un altro gigante del
genere, Fritz Freleng, fondatore nel 1963 di una compagnia che più tardi
avrebbe rilevato tutti i cartoons della Warner. Degni di menzione anche Chuk
Jones, cui si devono personaggi come: Bugs Bunny, Daffy Duck, Road Runner e
Wile E. Coyote e
i coniugi William Hanna - Joseph Barbera, autori nel 1940 della celebre serie di
Tom & Jerry e fondatori nel 1957 di una famosa compagnia cui si devono
Yoghi Bear e The Flintstones.
Frattanto in Italia molti artisti riuscivano a lavorare grazie alle molteplici
inserzioni pubblicitarie richieste per Carosello. Fra tutti si ricordano Nino Pagot
e Bruno Bozzetto, ideatore quest’ultimo nel 1960, di una serie di cortometraggi
incentrati sul nevrotico piccolo borghese Signor Rossi.
Per concludere segnaliamo il primo lungometraggio d’animazione nazionale,
realizzato da Anton Gino Domeneghini con il nome di La Rosa di Bagdad , più
tardi ribattezzato da alcuni La lampada di Aladino e da altri Amin e la lampada
di Aladino.
… Ai nostri giorni
In tempi recenti sono emersi nuovi talenti come il noto Don Bluth che ha
stretto forti legami con Steven Spielberg; i due rappresentano oggi l’unico vero
concorrente della Disney. Le loro produzioni più interessanti: Chi ha incastrato
Roger Rabbit e Il Principe d’Egitto.
Per quanto riguarda l’Italia possiamo segnalare le due pellicole firmate da
Enzo D’Alò, vale a dire La Freccia Azzurra e La Gabbianella e il Gatto,
realizzate con il contributo dell’istituto torinese ‘La Lanterna Magica’ e che, pur
non utilizzando tecniche d’animazione eccezionali, presentano piacevoli
personaggi e messaggi di grande efficacia. Mai come in quest'anno comunque
(2000-2001) i cartoni animati hanno dimostrato di avere potenzialità enormi.
Ha aperto le danze la DreamWorks con il suo Shrek, storia iperrealista di un
orco verde alle prese con una bella principessa e primo film animato
presentato in concorso al Festival di Cannes. A farla da padrone, tecnologie
informatiche sempre più all'avanguardia: i personaggi sono, infatti, realizzati in
3D grazie a effetti speciali incredibili, ottenuti con strumenti chiamati ‘shaper’,
con i quali gli animatori hanno sovrapposto strati allo scheletro personaggio,
dalla muscolatura, ai vestiti, ai capelli. Una vera e propria rivoluzione della
‘computer animation’ che si basa su questi numeri: una troupe di 275 persone,
50 modellini di plastica, 1250 oggetti di scena e ambientazioni, 28.186 piante
per un totale di 3 miliardi di foglie.
Shrek ha peraltro segnato la strada ad una nuova pellicola, Final Fantasy, che
ha fatto gridare al miracolo: i protagonisti sono completamente digitali ma
sembrano attori in carne ed ossa. La perfezione e la cura nel ricreare persino le
ciglia, l'iride e altri minuscoli particolari umani hanno raggiunto livelli
d'eccezione, tanto che il sindacato degli attori americani ha sollevato obiezioni
sulla validità dell'esperimento. Come dire: abbiamo paura che gli attori digitali
surclassino quelli reali. Sono altrettanto belli, forse di più, non fanno capricci e
recitano esattamente come vuole il regista. Meglio di così…
E adesso c'è grande attesa per Monsters, Inc., in uscita negli Usa a novembre,
che si preannuncia come il cartoon-evento della già lodatissima Pixar di John
Lasseter, in associazione con la Disney. Chi non ricorda Toy Story? Stiamo
parlando degli stessi autori, stavolta alle prese con tre simpatici mostriciattoli
che comunicano con la Terra attraverso gli armadi dei bambini. Prestano le
loro voci i noti attori Billy Crystal, John Buscemi e James Coburn. I trailer
presentati un po' ovunque hanno convinto: anche questo straordinario
connubio tra tecnologia e pennelli avrà successo. Anzi, si preannuncia come il
‘blockbuster’ dell'anno.
Da parte loro, gli studios Disney rispondono con un tradizionale kolossal
sottomarino, Atlantis The Lost Empire, dove la computer grafica affianca
discretamente il lavoro degli animatori. Per la prima volta niente intermezzi
canori e vocalizzi di belle fanciulle, solo avventure mozzafiato in puro stile
Jules Verne.
Le Tecniche
Il contenuto fondamentale di ogni tecnica di animazione ed in particolare
modo del disegno animato, è la possibilità di trasformare un elemento
bidimensionale (come un foglio di carta) in un universo tridimensionale,
perfettamente credibile e quindi vivibile se in risonanza con la propria natura e
sensibilità. E’ evidente che per ottenere tutto ciò, il solo disegno (o la sola
scultura in plastilina) non basta; serve introdurre altri fattori quali il
movimento, il commento musicale, e così via.
Disegni Animati
Questa tecnica è sicuramente la madre di tutto l’universo che stiamo
esplorando; molta strada è stata fatta: dal disegno ‘frame by frame’ (prima a 12
fotogrammi al minuto e poi a 24), in cui ogni movimento del soggetto
richiedeva la ripetizione completa di tutto il disegno, compresi i fondali, si è
passati all’uso della ‘cel di acetato’ (reinventata più volte nelle diverse regioni
del mondo: un fenomeno di coevoluzione artistica dovuto alla scarsa
comunicazione in questo particolare campo espressivo). Tale ‘cel’ trasparente
permette, infatti, di sovrapporre al piano dei fondali, che rimane così fisso per
diversi fotogrammi, i soggetti in movimento, riducendo enormemente i tempi
di lavoro per unità di tempo effettivo di animazione e permettendo una
maggiore resa artistica.
I principi tecnici basilari del disegno animato sono i seguenti:
1 Per prima cosa, la storia a cui s’intende dare vita viene
rappresentata in modo molto dettagliato mediante uno
‘storyboard’, costituito da una serie di disegni e schizzi delle varie
scene da realizzare;
2 Stabiliti tutti i particolari, il lavoro passa nelle mani degli
animatori (dai responsabili della creazione fisica e spirituale del
personaggio, agli intercalatori dei singoli fotogrammi, fino agli
artisti del ‘clean-up’, operazione di fondamentale importanza per
rendere omogenei ed uniformi i tratti di un personaggio creato
da mani diverse), ai pittori responsabili dei fondali, ai tecnici degli
effetti speciali (quali fumo, pioggia, lampi, ombre, ecc.);
3 I disegni vengono prima eseguiti su carta, quindi montati in
‘rough-reels’; un meccanismo che consente una prima verifica dei
risultati raggiunti;
4 Una volta approvato il tutto, i singoli fotogrammi vengono
ricopiati su ‘cels’ (una volta a mano, ora con l’ausilio sempre più
incisivo del computer), colorati, ordinati in sequenza e fotografati
uno dopo l’altro: ne occorrono 24 per ottenere un secondo di
animazione. La credibilità di ciò che si vedrà sullo schermo è
dovuta all’impiego di una particolare tecnica con la quale le
‘cels’ vengono fotografate: si utilizza, infatti, la ‘multiplane
camera’ (ideata da Ub Iwerks), uno strumento nel quale lo
sfondo (che a sua volta può essere composto da diversi piani) e i
soggetti animati sono disposti in modo da ottenere un verosimile
effetto di profondità e di tridimensionalità;
5 Al film, ormai completo, vengono aggiunti gli effetti sonori (voci
in, off e over, rumori, ecc.) nonché la traccia musicale;
Una volta eseguito il montaggio e aggiunti i ‘credits’ iniziali e finali, il
prodotto è ultimato e pronto per essere presentato al pubblico.
Stop-Motion
Sorella minore della tecnica a ‘Disegni Animati’, la ‘Stop-Motion’ ha trovato
forse più spazio ed un maggior utilizzo, nel cosiddetto cinema "dal vero" dov’è
stata e viene comunemente usata per la creazione di effetti speciali. I principi
fondamentali seguiti rimangono quelli dei disegni animati: si procede cioè al
passo uno (frame by frame). In questo caso però, l’oggetto da animare è una
scultura in plastilina o un pupazzo meccanico (come nel caso di: The Nightmare
before Christmas del notturno e geniale Tim Burton), oggetti già dotati di una
propria tridimensionalità e consistenza. Nell’arco di ogni secondo, il
personaggio viene mosso leggermente per ben 24 volte (e come accade
frequentemente, anche in modo molto complesso) in uno scenario costruito
con le debite proporzioni.
La ‘Stop-Motion’ che sfrutta le sculture di plastilina risulta chiaramente la
tecnica più impegnativa poiché ad ogni variazione di espressione o
movimento, lo scultore è costretto ad intervenire sul modello per apportare le
modifiche del caso; con i pupazzi meccanici (ove con il termine "meccanico"
intendo indicare un’anima di metallo dotata di snodi articolari) il problema
viene risolto intervenendo sulle articolazioni e mettendo così "in posa" il
soggetto o sostituendo la testa per modificare l’espressione del viso.
Un impiego della ‘Stop-Motion’, insieme ad altre tecniche che
considereremo in seguito, è stato fatto anche in Jurassic Park di Steven
Spielberg (come se fosse necessario specificare il regista!): la scena che vede
l’attacco dei due Raptors nella cucina del centro turistico è stata appunto
"realizzata" in parte con questa tecnica da artisti quali Phil Tippet e Randy
Dutra.
Ma questo sistema è stato usato recentemente con molto successo anche nel
film: Galline in Fuga (Chiken Run) di Peter Lord, che avremo modo di vedere
in uno dei nostri incontri.
Go-Motion
Il ‘Go-Motion’ è una modificazione, o per meglio dire un’automazione, della
già descritta ‘Stop-Motion’. Il soggetto è sempre un pupazzo meccanico, in
questo caso dotato di snodi e articolazioni controllate da microprocessori e
tutto il sistema è in collegamento ‘bitronic’ (il pupazzo può cioè ricevere ed
inviare informazioni di movimento mediante un computer).
L’azione viene prima eseguita con la manipolazione classica della ‘Stop-
Motion’, cioè compiuta dell’animatore sul pupazzo: durante questa fase, la
macchina invia segnali elettrici che vengono registrati dal computer. Al
momento della ripresa, il suddetto movimento viene eseguito riproducendo le
informazioni acquisite dal computer durante la prima fase. Esempi avanzati di
questa tecnica sono riscontrabili in Jurassic Park, dove alcuni effetti speciali,
soprattutto quelli riguardanti l’attacco del T. Rex, sono stati prodotti
utilizzando pupazzi controllati da DID (Dinosaur Input Device) e utilizzando le
informazioni di movimento, ottenute mediante manipolazione diretta, per la
costruzione delle immagini al computer.
Silhouettes
Questa tecnica si basa sull’impiego di figure di cartoncino nero ritagliate e
poste in modo opportuno su sfondi, normalmente bianchi o comunque molto
chiari; il risultato è che le figure sembrano come in controluce, dando al
prodotto finale un’atmosfera morbida e particolare.
La più grande artista che si è valsa di questa tecnica è sicuramente Lotte
Reinger, autrice di un numero molto elevato di lungometraggi fra cui Die
Abenteuer des Prinzer Achmed, Carmen e L’elisir d’amore, rimarchevoli per il
senso di delicatezza, raffinatezza e fragilità delle filigrane animate che vi
recitano.
Mosaico
La tecnica del ‘mosaico’ possiede molti punti in comune con quella delle
‘silhouettes’; anche in questo caso i soggetti vengono disegnati su cartoncino e
ritagliati ma, a differenza delle filigrane delle ombre cinesi, presentano una
colorazione spesso molto vivace.
Esempi tipici di questa tecnica sono i cortometraggi ed i mediometraggi
realizzati da Giulio Giannini e da Emanuele Luzzati (Italia, anni'70) come
Pulcinella, La gazza ladra, Il flauto magico e L’italiana in Algeri; opere pervase
da un’ingenuità che esercita un’azione liberatoria sulla fantasia, grazie anche al
commento sonoro, fornito dalle omonime musiche di Rossini.
C.G.I. (Computer Generated Imagery)
L’impiego del computer sta prendendo fortemente piede anche nel campo
dell’animazione: il suo utilizzo permette, infatti, di ottenere risultati di forte
impatto emotivo, in tempi inferiori a quelli normalmente richiesti
dall’animazione convenzionale.
Le immagini della ‘CGI’ possono essere realizzate in diverse maniere:
1 Una prima tecnica consiste nel disegnare tutti gli stadi di
animazione del soggetto: i singoli disegni vengono poi
digitalizzati mediante ‘scannering’ e fatti riprodurre dal
calcolatore (il Tiger God del disneyano Aladdin, lo spirito di
Mufasa in The Lion King); mediante il calcolatore si può anche
moltiplicare all’infinito uno stesso soggetto, come nella scena
della carica degli gnu nel già citato The Lion King;
2 Diversamente i singoli fotogrammi possono essere realizzati tutti
dal computer, con un’animazione totalmente "virtuale" (scena
finale in Jurassic Park: il T. Rex ed i Raptors sono stati tutti
generati elettronicamente in sede di post-produzione; oppure la
folla parigina di The Hunchback of Notre Dame).
In ultima analisi, vista la sempre più diffusa presenza dell'elaborazione
elettronica nel campo dell'animazione, diamo un'occhiata ai principali livelli di
impiego:
Illuminazione: le luci e le ombre di scena vengono riprodotte
mediante la colorazione elettronica (tecnica che la Disney impiega
già da alcuni anni mediante il Pixar).
In sede di layout: i movimenti di camera e le prospettive con le
quali sono visti i personaggi vengono calcolati dal computer,
fornendo le "coordinate di disegno" agli animatori (scena del ballo in
Beauty and the Beast, scena della liberazione di Esmeralda ne The
Hunchback of Notre Dame e così via).
Frame buffer: questa applicazione prevede il "riempimento"
elettronico di alcune aree di un personaggio disegnato
dall’animatore con un motivo tecnicamente impossibile da
riprodurre per ogni fotogramma (a meno che non si intenda
realizzare il lungometraggio in dieci anni!). E’ il caso del tappeto in
Aladdin, ottimo esempio di questa tecnica: il personaggio è stato
disegnato con la normale procedura (da Randy Cartwright) e
successivamente è stato introdotto il disegno della trama del
tappeto; ad ogni movimento, tale trama è stata elettronicamente
"deformata" per seguire le linee di disegno ed il profilo del
personaggio.
Generazione di fondali: gli sfondi sono creati elettronicamente e
su di essi vengono sovrapposti i normali disegni dei personaggi
(scena della fuga dalla Cave of Wonders ancora in Aladdin, la
Cattedrale in alcune scene di The Hunchback of Notre Dame).
Oppure, come nel più recente Dinosauri della Disney, sono paesaggi
reali, ripresi con telecamere in un primo momento, sui quali
vengono sovrapposti personaggi creati al computer.
Portare alla luce un film d’animazione quindi non è un’impresa semplice;
dietro ai personaggi che vediamo muoversi sullo schermo con tanta naturalezza
c’è un enorme lavoro da parte di uomini e mezzi ed un impiego di forze a
volte superiore a quello necessario per produrre una pellicola con attori in
carne ed ossa.