- 24 Dicembre 2007
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“Il principe Caspian”: e la politica diventa fiaba
ROMA (14 agosto) - Dopo la religione, sia pure reinventata in chiave fantasy, la politica. Dopo la lotta aperta fra il Bene e il Male, la scoperta del Potere e della lotta per conquistarlo. Con tutti i trucchi e i colpi bassi necessari. Se il primo episodio delle Cronache di Narnia pescava nel lato “cattolico” di C. S. Lewis, sfruttando in chiave fin troppo roboante la capacità del grande scrittore inglese di travasare concetti e mitologie del Cristianesimo in un mondo fiabesco accessibile ai bambini, Il principe Caspian, da oggi in sala, cambia decisamente e felicemente registro. Protagonisti sono sempre i piccoli fratelli Pevensie, Peter, Susan, Edmund e Lucy, catapultati dalla Londra della seconda guerra mondiale al mondo magico di Narnia. Sullo schermo però non vibra più il turbamento dell’infanzia di fronte al caos e al dolore del mondo. Ma la consapevolezza, già più adulta, che il male non si può eliminare ma solo contenere, guidare, governare.
È il tema profondo del Principe Caspian, che con i suoi echi shakespeariani (uno zio che trama contro il nipote, come in Amleto; una foresta che si muove come in Macbeth) allestisce una galleria di “cattivi” coi fiocchi, in varie gradazioni di perfidia. Sono trascorsi ben 1300 anni infatti dal primo episodio (Il leone, la strega e l’armadio). Ora Narnia è governata dalla dinastia dei Telmarini e in particolare dal bieco Lord Miraz (Sergio Castellitto con barba assiro-babilonese e occhi da killer), che vuole sbarazzarsi del Principe Caspian per mettere sul trono suo figlio, appena nato, dunque se stesso.
In un film per bambini di una volta, gli intrighi di corte sarebbero stati sbozzati alla brava e tutta la nostra attenzione si sarebbe concentrata sulle gesta eroiche con cui i coraggiosi fratelli Pevensie e il principe fuggiasco affrontano i Telmarini e la loro poderosa armata.Nel Principe Caspian invece, giustamente, ai due fronti è accordata pari dignità.
In primo piano, certo, c’è la laboriosa alleanza fra il cauto Caspian, i fratelli Pevensie e le creature di Narnia, non solo fauni, grifoni e centauri, ma nani irascibili (premio a chi riconosce nel fulvo Trumpkin lo strepitoso Peter Dinklage di Funeral Party) e topi spadaccini (clonati invece sfacciatamente sul gatto con gli stivali di Shrek). E ci sono anche i diversi approcci con cui ognuno si prepara alla guerra (tra falchi e colombe vince la piccola Lucy, l’unica a vedere il leone Aslan perché ancora immersa nella magia e nel “selvatico” dell’infanzia).
Ma gli adulti non potranno fare a meno di appassionarsi alle trame del machiavellico lord Mizar, che a forza di piegare i suoi dignitari ai propri intrighi si scava la fossa da solo. Memorabile, una vera lezione di realpolitik per i più piccoli, la scena in cui Mizar “spiega” con le cattive a un suo sottoposto, l’allibito generale Glozelle (Pierfrancesco Favino in un ruolo di grande finezza), perché dovrà fingere di aver subito perdite ingenti al fronte. Ma è l’intero film che, scena dopo scena, descrive una sorta di “fenomenologia del tiranno” a uso e consumo degli spettatori più giovani, rappresentati sullo schermo dagli ingenui e generosi fratelli Pevensie. È il vantaggio delle serie: crescere, in ambizioni e in intelligenza, insieme ai propri protagonisti. E pazienza se centauri e minotauri, strano a dirsi, corrono goffamente. Con personaggi così, che ci importa della tecnica?