In Europa arrivano le tasse sui vizi

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5 Agosto 2010
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Imposte su sigarette, alcolici
e dolci: la ricetta per aiutare
le economie locali e finanziare l'innovazione
LUCA SPINELLI
COPENAGHEN
Il fumo nuoce gravemente alla salute, ma potrebbe fare bene alle casse dello stato. Così come l'alcol, le bibite e i dolci. Almeno in Danimarca. Il nuovo e giovanissimo governo nordeuropeo, infatti, ha deciso di combattere la crisi tassando i principali vizi dei danesi e finanziando la ricerca, l'educazione e una parte del welfare. Lo ha annunciato il trentottenne ministro delle finanze Bjarne Corydon, illustrando in una conferenza stampa l'ampio piano di risanamento dell'economia nazionale.

Dopo la Svizzera, quindi, un altro paese europeo decide di fronteggiare la crisi investendo direttamente in ricerca e innovazione, ma lo fa cercando denaro anche da fonti piuttosto curiose: i vizi dei cittadini. La Danimarca, tra i principali sostenitori del cosiddetto "sviluppo sostenibile", non è nuova a scelte di questo genere: solo alcune settimane fa ha infatti annunciato l'introduzione della cosiddetta "fat tax", un succulento balzello su tutti i cibi che contengono più del 2,3% di grassi saturi, definito da molti la prima tassa di questo tipo al mondo.

Da gennaio prossimo anche le sigarette, gli alcolici, le bibite e alcuni dolci subiranno rialzi nel paese. Niente più bicchiere di vino rosso o sigaretta dopo il dolce, quindi. Al netto del cambio euro/corona, un pacchetto di sigarette costerà infatti circa 40 centesimi in più (3 corone). Un litro di bibita 7 centesimi in più (mezza corona). La cioccolata e le marmellate saliranno di 80 centesimi al chilo (6 corone). Una bottiglia di vino di 47 centesimi (3,5 corone) e una cassetta di birre di un euro (+25% sulla relativa accisa).

Secondo il ministro Corydon, dopo il periodo di difficoltà affrontato col precedente governo, l'ampia manovra nella quale sono contenute queste misure sarà il giusto «calcio» al sistema per «assicurare una migliore crescita e più posti di lavoro». Ma non sono mancate le critiche, in particolare da parte dei produttori, che giudicano scelte del genere poco efficaci o depressive per i consumi interni.

Nel frattempo, quelle che già sono state soprannominate “sin tax” (imposte sui vizi) hanno suscitato l'interesse di paesi ben più grandi. Secondo il premier inglese Cameron anche il Regno Unito potrebbe a breve introdurre un'imposta sui cibi più calorici, mentre in Francia si è già passati all'azione: dal primo gennaio ogni lattina di bibita costerà circa 2 centesimi in più. Stessa situazione in Ungheria, il cui governo ha deciso dallo scorso settembre di equiparare sostanzialmente i prodotti ad alto contenuto di sale e zucchero a sigarette e alcol. Norme simili in discussione anche in Finlandia e Romania. Sotto accusa: i costi sanitari crescenti.

Ma se gli aumenti di sigarette e alcol sono in realtà una soluzione usata da lungo tempo e da molti paesi per “far cassa” in tempi brevi, la decisione danese di aggiungervi gli alimenti definiti più «malsani» e riversare parte dei ricavi nel piano biennale di stabilità verso ricerca ed educazione, è una soluzione piuttosto innovativa. La misura, infatti, fa da controcanto al piano di riassetto deciso dal governo e illustrato in un documento di ottanta pagine intitolato “una Danimarca unita”.

Nel piano, sono varie le iniziative che il nuovo esecutivo di sinistra ha dedicato al settore della ricerca. Dopo un aumento delle responsabilità per il rinnovato Ministero della scienza, il paese nordeuropeo ha in programma la creazione di circa 1250 nuovi posti per studenti universitari ogni anno (diecimila entro il 2020); il raggiungimento per almeno il 60% dei giovani di un livello di istruzione universitario; l'attribuzione di maggiore autonomia alle università; e una lotta alla storica diffidenza danese verso l'Europa, aprendo maggiormente il mercato alla cooperazione con gli stati dell'Unione e gli istituti di ricerca al contributo internazionale.

Il piccolo paese nordeuropeo conta una popolazione pari circa alla metà di quella della Lombardia, ma ha già oggi due università che si collocano tra le prime cento migliori al mondo: quella di Copenaghen, quarantesima nella classifica cinese dei migliori atenei, e quella di Aarhus, novantottesima.

Da gennaio una parte del loro sostegno arriverà direttamente da tutti quei cittadini che conducono uno stile di vita «malsano». Con buona pace di Steve McQueen e Mick Jagger.