Israele, Gaza e le agenzie di intelligence

tommy12

Utente Guru
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21 Novembre 2010
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Come sono strutturate i servizi segreti israeliani e palestinesi che si stanno fronteggiando senza esclusione di colpi in una guerra fratricida

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Il Medio Oriente è terra insanguinata praticamente dai tempi dell’occupazione romana dell’epoca di Cristo. E da quel periodo, tutti i contendenti che hanno mire politiche e territoriali, hanno sviluppato la tecnica dell’informazione, che permette di vincere una battaglia o una guerra ancora prima di combattere in campo aperto. Oggi, i servizi di spionaggio hanno raggiunto livelli che fino a poco tempo fa eravamo abituati a vedere solo nei film e si sono specializzati in una continua ricerca tecnologica.
In Medio Oriente, agiscono i servizi segreti di molti paesi (primi fra tutti Stati Uniti, Inghilterra e Francia), oltre a quelli siriani, egiziani, iraniani, irakeni, giordani e, naturalmente, israeliani e palestinesi, e sono questi ultimi due ad essere maggiormente coinvolti.
Israele può contare su una struttura all’avanguardia. Vi sono diverse agenzie: Mossad, Shin-Bet, Aman, Lekem e il Centro Ricerche Politiche.
Mossad (“Istituto”), è l’abbreviazione di ha-Mossad le-Modiin ule-Takfidim Meyuhadim ovvero, “Istituto per l’Intelligence e le Forze Speciali”. Si occupa prevalentemente della raccolta di informazioni sull’antiterrorismo, in genere per quanto riguarda il mondo arabo, ma ha numerose diramazioni in molti paesi esteri. Inoltre, controlla le attività clandestine dei rifugiati ebrei in Siria, Iran, Etiopia e ha agenti operativi anche nei paesi comunisti, in Occidente e nelle Nazioni Unite.
Il Quartier Generale si trova a Tel-Aviv e pare che il numero di impiegati, operativi e amministrativi, si aggiri intorno alle 2000 persone. L’identità del direttore in genere è considerata un segreto di stato, ma nel 1996 il governo israeliano ha ufficialmente annunciato che il maggior generale Danny Yatom era stato sostituito dal collega Shabtai Shavit a comando dell’agenzia. Dal settembre 2002 il nuovo direttore del Mossad è Meir Dagan.
Alla sua creazione, il 1° aprile 1951, il Mossad è conosciuto come “Istituto Centrale per il Coordinamento Informazioni e Sicurezza”, e la sua formazione è fortemente voluta dall’allora primo ministro David Ben Gurion, che ne assume la direzione. Secondo Ben Gurion, l’informazione costituisce la prima linea della sicurezza di uno stato, ed è essenziale imparare a riconoscere e distinguere tutto ciò che succede. Attualmente, il Mossad ha otto Dipartimenti principali, ma sono numerose le sezioni minori le cui caratteristiche sono in gran parte ignote.
La prima è la “Sezione Raccolta Dati”, la più grande, che si occupa di operazioni di spionaggio, con uffici in numerosi paesi stranieri, sia con distaccamenti ufficialmente accreditati alle sedi diplomatiche, sia segreti. La Sezione, in pratica, consiste in un gran numero di “stanze”, ognuna delle quali è responsabile di un paese o di determinate regioni geografiche, in collegamento con le varie “stazioni” comandate da ufficiali del servizio che, dall’estate del 2000 si occupano anche del reclutamento per elementi da impiegare alla “Sezione Raccolta”.
Vi è poi la “Sezione Affari Politici e Attività di Collegamento”, che si occupa di controllare e dirigere le relazioni politiche con i paesi allineati e i relativi servizi di sicurezza, ed anche di quei paesi con i quali Israele non intrattiene relazioni ufficiali. Nelle “Stazioni” più importanti, come per esempio quella di Parigi, la attività è divisa in due parti e controllata da altrettanti ufficiali responsabili; uno per le Attività di Collegamento e uno per gli Affari Politici.
Il terzo ufficio è la “Divisione Operazioni Speciali”, più nota come Metsada, che pianifica e mette in pratica azioni particolari come sabotaggi, eliminazioni, operazioni di carattere paramilitare e progetti di guerra psicologica.
Poi vi è il “Dipartimento LAP”, cioè Lohamah Psichlogit, specializzato in azioni dirette di guerra psicologica, propaganda e depistaggio.
Il “Dipartimento Ricerche” è invece specializzato nella produzione di informazioni e nella compilazione dei rapporti periodici sulla situazione nazionale e internazionale, sia giornalieri, che mensili o settimanali, da sottoporre al direttore del servizio. Il Dipartimento è suddiviso in 15 uffici per altrettante zone geografiche, le quali comprendono USA, Canada, Europa Occidentale, America del Sud, ex Unione Sovietica, Cina, Africa, Maghreb (cioè Marocco, Algeria e Tunisia), Libia, Iraq, Giordania, Siria, Arabia Saudita, Emirati Arabi e Iran. Ogni ufficio ha anche una sezione adibita al controllo delle attività nucleari di ogni paese sotto sorveglianza.
Infine vi è il “Dipartimento Tecnico”, che si occupa di ricerche in campo tecnologico e sperimentazioni per arrivare a disporre dei migliori strumenti in supporto all’attività del Mossad, dove sono impiegati programmatori di computer, scienziati e ingegneri.
Fra i più celebri agenti del Mossad vi è Eli Cohen, che ha agito come infiltrato negli ambienti del governo siriano dal 1960 al ’62, trasmettendo informazioni di grande importanza via radio, fino al suo arresto avvenuto in una piazza di Damasco; Wolfgang Lotz, dal Cairo, dove era arrivato a stringere relazioni personali con alti funzionari della polizia e dell’esercito egiziani, riuscendo a carpire informazioni sulle ricerche missilistiche e sugli scienziati tedeschi che erano impiegati nel programma missilistico in Egitto, con un conseguente scandalo internazionale negli anni 1961-’63, quando diversi scienziati furono coinvolti in attentati. Il Mossad è poi protagonista di accordi segreti per la costruzione di otto navi lanciamissili in Francia, bloccata dal presidente De Gaulle nel dicembre 1968.
Celebre è poi la vicenda, nel 1960, della cattura del criminale nazista Adolf Eichmann, rintracciato a Buenos Aires (anche grazie alle segnalazioni di Simon Wiesenthal, il cacciatore di nazisti per eccellenza) rapito e trasferito in Israele per il processo che lo avrebbe condotto alla forca. Protagonista della brillante e difficilissima operazione è Peter Malkin, due volte decorato con la medaglia d’onore, la maggior onorificenza israeliana, esperto di arti marziali e di antiterrorismo, che ha lasciato il servizio attivo nel 1976.
Il Mossad opera un altro rapimento nel 1986, quando riesce a portare in Israele Mordechai Vanunu, scienziato e ricercatore in materia di energia atomica, che aveva rivelato ad un quotidiano britannico importantissimi segreti sulle ricerche nucleari condotte da Israele.
Durante gli anni Sessanta, sono stati inoltre compiuti diversi assassini di esponenti politici del mondo arabo che erano in provati rapporti i terroristi di “Settembre Nero”, oltre ad altri interventi diretti e indiretti, specie contro l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), come in occasione della tentata incursione di un gruppo organizzato che aveva intenzione di uccidere Abu Jihad, rappresentante di Yasser Arafat in Tunisia e considerato il principale teorico della guerriglia palestinese contro Israele, o come l’assassinio dello scienziato Gerald Bull, nel marzo 1990 a Bruxelles, perché ritenuto uno dei principali responsabili nella fabbricazione di cannoni di grande potenza per conto dell’Iraq.
Molti sono anche stati i fallimenti del Mossad: nel gennaio 1974, a Lillehammer (Norvegia), viene ucciso per errore Ahmad Boushiki, cameriere di origini algerine con passaporto marocchino, scambiato per Ali Ahmad Salameh, all’epoca capo della sicurezza dell’OLP, accusato di essere il mandante del blitz terroristico alle olimpiadi di Monaco del 1972 e in seguito morto per lo scoppio di un’auto-bomba in Libano nel 1979. Gli agenti del Mossad sono arrestati dalla polizia norvegese e processati, il governo israeliano ha sempre negato qualunque coinvolgimento nella vicenda, ma nel febbraio 1996 la famiglia Boushiki riceve un risarcimento in denaro a titolo di indennizzo.
Il 15 novembre 1996, il primo ministro Yitzak Rabin viene ucciso da Yigal Amir, cittadino israeliano, e la vicenda è considerata il più grave fallimento del Mossad, ed è alla base delle forzate dimissioni del direttore del sevizio, conosciuto solo come “S”. Nel marzo 1996, il nuovo primo ministro Shimon Peres nomina, per la prima volta pubblicamente, il generale Danny Yatom capo del Mossad. Sotto la direzione di Yatom, il 24 settembre 1997 viene organizzato l’assassinio di Khalid Meshaal, figura di prima grandezza del gruppo estremista palestinese Hamas, il quale era nascosto in Siria. Gli agenti del Mossad riescono ad entrare in Giordania con passaporti canadesi abilmente fabbricati con il progetto di avvelenare Meshaal ma la Giordania è abile a smascherare il complotto e ad ottenere da Israele importanti concessioni come contropartita per il fallimento, incluso la liberazione, dalle prigioni israeliane, di Shaykh Ahmad Yasin, fondatore di Hamas.
Oltre al Mossad, vi è lo Sherut ha-Bitachon ha-Klali, abbreviato in Shin-Bet, ovvero la Direzione Generale della Sicurezza, il servizio di controspionaggio, suddiviso in tre principali Dipartimenti e altri cinque uffici specializzati: il “Dipartimento Affari Arabi” che si occupa di antiterrorismo, contrasto di sovversioni politiche, e schedatura dei principali terroristi nei paesi arabi. Le sottosezioni, conosciute come “Henza”, lavorano sotto l’etichetta “Aman” e gli agenti di tale servizio sono noti come “Mista’arvim” in pratica commandos specializzati nell’antisommossa e nella lotta contro le frange estremiste di Hamas. Vi è poi il “Dipartimento Affari Non-Arabi”, diviso in uffici per il controllo delle attività comuniste e non comuniste, in collegamento con numerosi paesi esteri, preparati anche per operare infiltrazioni nei servizi informazioni stranieri e nelle organizzazioni diplomatiche dell’ex Unione Sovietica e dell’Europa Orientale. Infine il “Dipartimento Sicurezza e Protezione”, responsabile della sorveglianza degli apparati governativi israeliani e delle o installazioni governative come ambasciate, consolati, industrie, organizzazioni scientifiche e la compagnia aerea nazionale El-Al. Lo Shin-Bet attua un costante monitoraggio di tutti i movimenti che risultano sospetti per la sicurezza interna di Israele e ha agenti infiltrati nei servizi di informazione sia dei paesi arabi che dei territori dell’ex Unione Sovietica; ha un archivio su tutti i personaggi più importanti che hanno avuto o hanno contatti in Israele, e inoltre è impegnato nella lotta contro l’OLP ed ha avuto anche notevoli successi con agenti infiltrati fin dal 1967, soprattutto nei centri che l’OLP ha in Giordania. Fra le azioni che hanno visto lo Shin-Bet in prima linea, quella dell’aprile 1984, quando le truppe israeliane hanno assaltato un autobus che era stato preso in ostaggio da quattro palestinesi nella striscia di Gaza. Solo due palestinesi sopravvissero, ma furono rintracciati e uccisi dagli agenti dello Shin-Bet, a quanto pare sotto il comando di Abraham Shalom, allora direttore dello Shin-Bet. Sembra che lo stesso Shalom abbia falsificato evidenti tracce per arrivare alla identificazione dei quattro palestinesi e abbia ordinato ai propri agenti che erano stati testimoni dei fatti, di mentire agli investigatori per coprire il ruolo che aveva avuto il servizio nella vicenda. Inoltre, pare che il comandante generale degli investigatori, sia stato poi rimosso per avere rifiutato di interrompere l’inchiesta. Il governo avrebbe poi espresso esplicite scuse a Shalom e agli agenti implicati nel colpo di mano.
Pare che, nel 1987, un ufficiale istruttore delle forze armate israeliane, Izat Nafsu, appartenente alla etnia Circassa, sia stato identificato dallo Shin-Bet come responsabile di atti di spionaggio e deferito alla Corte Suprema. Durante l’istruttoria, vennero alla luce i metodi poco ortodossi che lo Shin-Bet avrebbe usato per ottenere la piena confessione di Nafsu e che ufficiali del servizio avrebbero commesso reati di falsa testimonianza al tribunale militare per avvalorare la tesi della colpevolezza, che alla fine condanna l’accusato. In seguito, una Commissione Straordinaria riesce a dimostrare le pratiche intimidatorie utilizzate dallo Shin-Bet in oltre 15 anni di attività, normalmente utilizzate durante gli interrogatori, oltre a prove falsa testimonianza nei confronti dei tribunali militari.
Lo stesso governo israeliano, nel 1987, approva la Carta della Commissione Landau che condannava la pratica della tortura, ma tacitamente continua ad approvare quello che viene definito “un uso moderato di metodi persuasivi sia fisici che psicologici” per ottenere confessioni e informazioni. Anche il Codice di Procedura Penale israeliano proibisce l’uso della tortura da parte di funzionari ufficiali, ma il capo della Direzione Generale della Sicurezza è autorizzato dalla legge ad adottare “misure straordinarie” in casi eccezionali quando sia necessario ottenere informazioni che possono influenzare la sicurezza nazionale. Misure che esulano dalla normale casistica e possono non rientrare nell’uso moderato dei metodi fisici e psicologici. Tali casi possono essere naturalmente compresi in limiti eccessivamente elastici, oltretutto ufficialmente approvati dopo l’attentato dinamitardo contro un autobus, accaduto a Tel-Aviv nell’ottobre 1994, dove morirono 22 cittadini israeliani. Il governo non ha mai definito i limiti di questa flessibilità e lo Shin-Bet, nei fati, è quindi autorizzato a utilizzare gli stessi metodi che ha sempre usato, fra cui la scossa elettrica.
Nel 1992, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha ufficialmente dichiarato che tali pratiche sono una palese violazione della Convenzione di Ginevra e della Carta dei Diritti Umani. Nel 1997 l’Alta Corte di Israele, da parte sua, ha promesso un inchiesta sull’uso della tortura in due casi di “investigazioni eccezionali per la sicurezza del paese” sui circa 40 denunciati, ma i risultati non sono mai stati resi noti. Come il Mossad, anche lo Shin-Bet è stato pesantemente coinvolto nell’attentato costato la vita al ministro Rabin, e l’allora direttore Karmi Gillon è stato sostituito dall’ammiraglio Ami Ayalon.
Il vero e proprio Servizio Informazioni Militari è lo Agaf ha-Modi’in, detto Aman, dipendente direttamente dall’ufficio del primo ministro e specializzato in indagini sui reali rischi di guerra, nei rapporti sulle forze armate dei paesi arabi e non, tramite l’utilizzo delle tecniche di intercettazione delle comunicazioni, nonché in azioni ad alto rischio lungo i confini nazionali. E’ un servizio formalmente indipendente, equiparato alle altre specialità delle forze armate come esercito, aviazione e marina e pare sia formato da non meno di 7000 agenti agli ordini del generale Moshe Ya’alon, successore del celebre generale Yehoshua Saguy. Aman ha anche un Dipartimento Relazioni Estere che si occupa dei collegamenti con paesi stranieri per contrastare ogni iniziativa contro Israele proveniente dall’esterno. Inoltre, per operazioni di particolare importanza, Aman può contare su una propria forza aerea strategica e navale dotata di strumenti ad alta tecnologia, fra cui aerei spia, velivoli computerizzati senza pilota, unità navali di superficie che attuano un continuo monitoraggio delle attività dei paesi dell’Europa orientale nel Mediterraneo. Sotto costante controllo sono tenuti territori come le alture del Golan, i confini con Siria e Libano, ma anche Aman ha incontrato diversi insuccessi, specie durante i combattimenti con Siria ed Egitto nell’ottobre 1973. Durante la preparazione dell’invasione del Libano, nel 1982, Aman ha correttamente valutato le debolezze e le lacune della milizia cristiana sulle quali Israele aveva fatto affidamento e altrettanto correttamente aveva compilato rapporti sulla inevitabilità dello scontro con i presidi siriani in Libano. Il capo del servizio, generale Saguy, riferì puntualmente tali avvisi sia al comando dello stato maggiore, sia all’ufficio del primo ministro, tuttavia, proprio in una delle riunioni dello stato maggiore, aveva mancato di esprimere i propri fondati dubbi per evitare la aperta opposizione dei ministri Begin e Sharon. Saguy viene quindi costretto alle dimissioni dopo che la Commissione Kahan aveva messo in evidenza che Aman aveva adottato metodi criminali durante le rappresaglie che causano i massacri nei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila.
L’ultima organizzazione segreta per le informazioni in Israele è la Leshkat Kasher Madai, nota come Lekem, ovvero la “Sezione Indagini e Ricerche Scientifiche”. Fino allo scioglimento ufficiale del 1986, il Lekem ha esercitato la propria attività nel campo delle ricerche scientifiche e nell’elaborazione della tecnologia per le informazioni, sia all’interno di Israele che all’estero, mantenendo l’assoluto riserbo circa le proprie fonti. Lo scioglimento è causato dalle conseguenze dello scandalo scoppiato negli Stati Uniti per l’arresto di Jonathan Jay Pollard con l’accusa di spionaggio per conto di Israele. Pollard era un impiegato con incarichi di responsabilità presso l’Ufficio della Sicurezza Navale a Washington ed aveva ricevuto considerevoli somme di denaro per la vendita di documenti classificati “Top Secret” ad agenti segreti del Lekem presso l’ambasciata israeliana. E’ processato, riconosciuto colpevole e condannato all’ergastolo. Il governo israeliano ha più volte negato il diretto coinvolgimento nella vicenda, dicendo che le azioni di Pollard erano state suggerite da ambienti politicamente deviati del Lekem poiché non esistevano intenzioni di attuare alcuna missione di spionaggio contro un paese amico come gli USA. Dopo lo scioglimento dell’organizzazione, le attività del Lekem sono passate ad un’unità speciale dipendente direttamente dal ministero degli Esteri.
Dall’altra parte, l’Autorità Palestinese organizza il proprio servizio informazioni e sicurezza in quattro parti: “Agenzia per la Sicurezza Preventiva”, “Polizia Civile”, “Ufficio di Intelligence” vero e proprio e “Guardia Presidenziale”, poi vi sono le frange estremiste quali Hamas, Martiri di Alaqsa, e piccoli gruppi spesso composti da veri e propri “cani sciolti”.
Per comprendere le caratteristiche dell’organizzazione della sicurezza palestinese solitamente si fa riferimento alle rivelazioni che lo stesso capo dell’Intelligence, generale Tawfiq Al-Tirawi, rilascia al quotidiano britannico in lingua araba “London Al-Sharq al-Awsat” nell’agosto 2002.
La principale occupazione della sicurezza palestinese è la protezione del territorio e dei propri cittadini da qualunque aggressione esterna e,naturalmente, il controspionaggio. Alla domanda se fosse Israele il principale oggetto di indagine, il generale risponde che certamente Israele è fra i principali nemici, ma non il solo, comprendendo in questo anche il controllo di quelle bande estremiste che compiono atti inconsulti come le missioni degli uomini bomba, non in linea con la politica palestinese e indipendentemente dai negoziati con il vicino nemico. Israele vuole costringere i Territori Palestinesi ad una semplice provincia interna, cosa che, naturalmente, contrasta con le aspirazioni di riconoscimento di un paese indipendente, ma i numerosi attentati non fanno che pregiudicare i già instabili rapporti fra le due parti.
La materia va ben oltre: si consideri, per esempio, che nonostante la guerriglia attualmente in atto, Israele continua a fornire ai Territori Palestinesi energia elettrica e idrica in una misura che va dal 40 al 70%. Quali sono allora gli interessi in gioco ?
Secondo le dichiarazioni del generale Al-Tirawi, i responsabili del governo israeliano, hanno il fine di annullare ogni forma di autorità palestinese, non di fermare le missioni suicide che, anzi, fanno il loro gioco. E’ una esplicita accusa senza mezzi termini e Al-Tirawi prosegue imputando al governo Sharon di essere stato il primo a dare inizio alle violenze e di non essere interessato al raggiungimento della pace perché non è intenzionato a pagarne il prezzo, anche per una questione di prestigio internazionale, spalleggiato da potenze mondiali e altre nazioni arabe.
L’attività dei servizi di informazione palestinesi, quindi, si svolge prevalentemente nel contrastare lo spionaggio israeliano e delle altre nazioni arabe, in un ambiente dove pare che tutti combattano tutti. In un ambiente dove tutti i paesi sono coinvolti nello spionaggio, non si possono seguire i consueti metodi per il possesso di informazioni adatte ad arrivare a farsi un quadro della situazione e delle intenzioni delle varie parti in gioco. Al-Tirawi rifiuta di elencare quali siano queste “parti in gioco”, ma è lecito supporre che si tratti dei servizi segreti di Siria, Iran Iraq, Libano, Egitto, Giordania, oltre a quelli di Stati Uniti, Francia e Inghilterra. Tutti vogliono conoscere quali siano le intenzioni palestinesi e chi siano le persone che hanno il potere di prendere decisioni, chi supporta il processo di pace, chi si oppone ad esso, le varie opposizioni e le bande estremiste, secondo una ben precisa mappa della situazione che è leggibile solo superficialmente per chi non è profondamente inserito nelle vicende. Se il servizio segreto palestinese può o meno essere in grado di reggere la concorrenza, Al-Tarawi risponde che per un 90% il lavoro di intelligence per acquisire informazioni non necessita di un alto grado di spionaggio. Attualmente, inoltre, pare che i servizi palestinesi non abbiano obiettivi che vanno molto al di fuori dei confini mediorientali.
E’ un fatto, poi, che diversi cittadini palestinesi siano stati arrestati per attività di spionaggio a favore di Israele e altri paesi arabi. Sono stati interrogati e processati, e sembra che tre di essi siano deceduti nelle prigioni della polizia palestinese, non si sa per quali cause, ma non è da escludersi per le conseguenze degli interrogatori. Al-Tarawi ammette che l’uso di metodi drastici è stato un “errore” del servizio palestinese e che la tortura non è consentita, ma ammettendo che diversi funzionari sono stati sospesi dal servizio, implicitamente ne ammette l’uso. I dati resi noti da Amnesty International, infatti, confermano la morte di almeno 20 prigionieri palestinesi nelle prigioni, in seguito a torture. Il generale non nega, ma parla di casi eccezionali e afferma che chiunque si sia reso colpevole di utilizzo di torture è stato a sua volta arrestato.
Recentemente si è provveduto ad una riforma dei servizi di intelligence palestinesi per una maggiore specializzazione e assegnazione delle competenze, e Al-Tarawi ne è stato uno dei maggiori artefici. È stato necessario diversificare le agenzie e al tempo stesso riunirle sotto la supervisione del ministro dell’Interno dell’Autorità Palestinese.
La “Agenzia per la Sicurezza Preventiva” è il servizio segreto interno e si occupa di contrastare il terrorismo. Ad essa è collegata l’Intelligence militare che tuttavia mantiene una certa indipendenza. Vi sono poi istituzioni come la Guardia Presidenziale e l’Agenzia Generale per la Sicurezza che sono organismi direttamente dipendenti dal presidente Arafat. Inoltre vi sono la Polizia Civile che combatte la criminalità comune, la Polizia del Traffico, e la Difesa Civile.
La differenza fra “Agenzia Generale per la Sicurezza” e ”Agenzia Sicurezza Preventiva” è che la prima si occupa della sicurezza interna e di quelle parti di territorio che sono oggetto di contesa con altri paesi arabi, ma può anche uscire dai confini per salvaguardare la sicurezza dell’Autorità Palestinese all’estero. La “Sicurezza Preventiva” concentra la sua attenzione esclusivamente all’interno dei territori. Questo nuovo assetto è un’iniziativa dell’Autorità Palestinese, che nell’attuarlo ha cercato di soddisfare prima di tutto i bisogni interni, senza perdere di vista la situazione internazionale, tenendo presente che Israele non ha alcun diritto di imporre scelte obbligate, nonostante la sua capillare e ben più potente organizzazione.
Data la presente situazione, Al-Tarawi rimane comunque uno dei principali nomi nella lista dei ricercati dai servizi israeliani, proprio perché egli stesso si definisce “un prodotto tipicamente palestinese” e la sua visione pone in primo luogo il benessere e gli interessi della nazione palestinese, diametralmente opposti alle mire israeliane. Questo è il motivo principale del perché Al-Tarawi e i maggiori leaders dell’Autorità Palestinese sono ancora veri e propri bersagli delle agenzie di sicurezza israeliane, fin dal 1996, quando gli viene ritirato il lasciapassare necessario per la libera circolazione attraverso i molti posto di blocco dei territori. La Sicurezza palestinese deve inoltre fronteggiare i numerosi agenti collaborazionisti che, durante la Intifadah, hanno agito e agiscono tuttora per le truppe di occupazione israeliane, favorendo veri e propri atti criminali come assassini, arresti o attentati a figure di primo piano della politica palestinese come, ad esempio, Thabit-Thabit, segretario generale di Al-Fatah, o come il capo della General Intelligence in Palestina Amin Al-Hindi, o il segretario della stessa agenzia a Gaza Muhammad Dahlan, o il capo della Sicurezza Preventiva dei territori dell’ovest Jibril Al-Rujub, la cui casa è stata bombardata con elicotteri da combattimento e carri armati, e tutti gli altri che sono compresi nella lista dei 40 maggiori ricercati come terroristi. A questa lista, i servizi palestinesi ne hanno presentato una con i nomi dei 40 maggiori attivisti israeliani.
Esiste tuttavia, un collegamento fra i servizi di sicurezza ufficiali e le frange estremiste , prima fra tutte quella dei “Martiri di Al-Aqsa”, che fa del generale Al-Tarawi uno dei principali ricercati dalle agenzie di spionaggio israeliane, anche se lo stesso Tarawi afferma che tali collegamenti sono una pura invenzione del governo Sharon. Parte del nuovo schema della sicurezza palestinese deriva proprio dalla struttura di Al-Fatah, e questo non è un segreto, ma il personale impiegato nelle agenzie palestinesi serve solamente gli obiettivi di base, primo fra tutti il mantenimento dell’ordine e la tutela dei cittadini palestinesi, e avversa ogni forma di estremismo, compresa la caccia ai numerosi membri che decidono di sacrificare la propria vita facendosi esplodere in mezzo a innocenti cittadini israeliani, perché tali scelte non fanno che peggiorare i rapporti e allontanare i veri obiettivi che sono la pace e il raggiungimento della stabilità della nazione palestinese. Che Israele sia o meno a conoscenza di questo, Al-Tarawi dice di non saperlo, ma è convinto che tali atti di terrorismo siano dannosi prima di tutto per la stessa sicurezza dei territori palestinesi.
Cosa fa allora la Sicurezza Palestinese per frenare gli uomini-bomba? E’ un tragico gioco politico: Al-Tarawi dice che Israele dovrebbe fare la prima mossa, ma evidentemente le potenze mondiali (con riferimento agli Stati Uniti) che lo spalleggiano, non sono dello stesso parere e rifiutano di fare il primo passo verso la pacificazione, potendo contare su una delle strutture di sicurezza più efficienti al mondo, che però sembra impegnata nel perseguire solo l’entourage di Abu-Ammar, cioè lo scomparso Yasir Arafat, tramite un vero e proprio assedio. Certo è che Arafat possiede anch’egli una struttura di Intelligence ben organizzata ma, stando alle parole di Al-Tarawi, egli è più visto come un simbolo della nazione, un padre spirituale, che non un leader politico e militare, il che potrebbe fare supporre che certe frange estremiste siano al di fuori del suo diretto controllo e che i bombardamenti degli elicotteri e dei carri armati israeliani, che hanno letteralmente demolito la maggior parte delle strutture e dei palazzi intorno alla sede dove vive e lavora Arafat, abbiamo sortito l’effetto contrario, cioè di isolare ogni comunicazione.
Il lavoro di Al-Tarawi, comunque, continua con il preciso obiettivo di creare una vera e propria Accademia scientifica per il lavoro di intelligence dove si possano formare i migliori esperti del mondo arabo.

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