Non i soldi, ma il successo e il prestigio: questa la motivazione che ha spinto Kakà ad accettare il Real Madrid. Al Milan il ciclo è chiuso, mentre in Spagna "potrà conquistare altri trofei", con un pensiero anche al Pallone d'Oro
Un'altra pugnalata, sempre più forte, inflitta su un corpo ormai agonizzante per la disperazione: Kakà non usa mezzi termini e, all'interno di una intervista rilasciata a "L'Equipe" alla vigilia della finale di Confederations Cup, il fantasista verdeoro spiega a chiare lettere quali siano state le motivazioni che lo hanno convinto a lasciare il Diavolo per la camiseta blanca. Non i soldi - o, almeno, non soltanto i soldi - ma la ferrea convinzione che con il Real Madrid potrà tornare a vincere, in Spagna e in Europa, e parallelamente rilanciare così la sua candidatura per il Pallone d'Oro. Vincere, quella parola che in casa rossonera - escluso il Mondiale per club del dicembre 2007, comunque legato alla precedente Champions League - non si ode ormai da due anni.
"Voglio vincere un altro Pallone d'Oro - ha spiegato Kakà - e si sa che, per ottenere i riconoscimenti individuali, bisogna vincere con il proprio club. E io avrò la fortuna di giocare per una squadra che può conquistare dei trofei".
Di soldi se n'era già parlato infatti a gennaio, quando il Manchester City uscì allo scoperto con un'offerta ancora più pingue di quella avanzata dal Real Madrid, e per qualche giorno il passaggio di Kakà in Inghilterra sembrava cosa fatta... sembrava, perché, senza parafrasare i vecchi adagi, i soldi vanno bene, ma non sono poi tutto nella vita. Con il City, chiaro, Ricky non avrebbe vinto nulla, anzi, probabilmente il suo prestigio sarebbe addirittura calato, dunque perché andare a cacciarsi in un vicolo ancora più oscuro?
"Non si tratta di una differenza tra la Liga e la Premier - ha proseguito l'ex-rossonero - perché l'organizzazione di un club può crollare come un castello di carte, mentre il Real Madrid sarà sempre un grande club, e nessuno potrà mai portargli via la sua storia e le sue nove Coppe dei Campioni".
Una stagione, dunque, che si prospetta focalizzata verso un solo obiettivo: vincere con il Real e vincere per se stesso, per confermarsi nell'universo dei più grandi di sempre. "Lavoro ogni giorno per diventare un giocatore più completo - ha concluso Kakà - un calciatore moderno che può difendere, attaccare e fare più cose in campo. Il calcio è sempre più fisico, e io credo che sia l'unione delle mie caratteristiche atletiche a permettermi di giocare a certi livelli. In Italia ho imparato molte cose dal punto di vista tattico, soprattutto nella visione di gioco, ma per me è indispensabile sapere che cosa fare ancora prima che arrivi il pallone".
Daniele Fantini / Eurosport
Un'altra pugnalata, sempre più forte, inflitta su un corpo ormai agonizzante per la disperazione: Kakà non usa mezzi termini e, all'interno di una intervista rilasciata a "L'Equipe" alla vigilia della finale di Confederations Cup, il fantasista verdeoro spiega a chiare lettere quali siano state le motivazioni che lo hanno convinto a lasciare il Diavolo per la camiseta blanca. Non i soldi - o, almeno, non soltanto i soldi - ma la ferrea convinzione che con il Real Madrid potrà tornare a vincere, in Spagna e in Europa, e parallelamente rilanciare così la sua candidatura per il Pallone d'Oro. Vincere, quella parola che in casa rossonera - escluso il Mondiale per club del dicembre 2007, comunque legato alla precedente Champions League - non si ode ormai da due anni.
"Voglio vincere un altro Pallone d'Oro - ha spiegato Kakà - e si sa che, per ottenere i riconoscimenti individuali, bisogna vincere con il proprio club. E io avrò la fortuna di giocare per una squadra che può conquistare dei trofei".
Di soldi se n'era già parlato infatti a gennaio, quando il Manchester City uscì allo scoperto con un'offerta ancora più pingue di quella avanzata dal Real Madrid, e per qualche giorno il passaggio di Kakà in Inghilterra sembrava cosa fatta... sembrava, perché, senza parafrasare i vecchi adagi, i soldi vanno bene, ma non sono poi tutto nella vita. Con il City, chiaro, Ricky non avrebbe vinto nulla, anzi, probabilmente il suo prestigio sarebbe addirittura calato, dunque perché andare a cacciarsi in un vicolo ancora più oscuro?
"Non si tratta di una differenza tra la Liga e la Premier - ha proseguito l'ex-rossonero - perché l'organizzazione di un club può crollare come un castello di carte, mentre il Real Madrid sarà sempre un grande club, e nessuno potrà mai portargli via la sua storia e le sue nove Coppe dei Campioni".
Una stagione, dunque, che si prospetta focalizzata verso un solo obiettivo: vincere con il Real e vincere per se stesso, per confermarsi nell'universo dei più grandi di sempre. "Lavoro ogni giorno per diventare un giocatore più completo - ha concluso Kakà - un calciatore moderno che può difendere, attaccare e fare più cose in campo. Il calcio è sempre più fisico, e io credo che sia l'unione delle mie caratteristiche atletiche a permettermi di giocare a certi livelli. In Italia ho imparato molte cose dal punto di vista tattico, soprattutto nella visione di gioco, ma per me è indispensabile sapere che cosa fare ancora prima che arrivi il pallone".
Daniele Fantini / Eurosport