- 29 Settembre 2008
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Come ogni leggenda che si rispetti, anche il vampirismo ha origini molto antiche. I primi avvistamenti dei “mostri dai canini aguzzi”, infatti, risalgono addirittura al mondo classico dove, secondo alcune superstizioni riprese dai poeti Omero e Orazio, alcuni orribili zombie minacciavano la comunità dei vivi, per abbeverarsi del loro sangue. Dopo aver tormentato il sonno dei greci e dei romani, queste creature entrarono nell’immaginario dell’Europa orientale, la famigerata “Terra di Dracula”. Fu proprio in queste regioni che, parecchi secoli più tardi, nacque la parola ”vampiro”: durante il Settecento, in tutte le lingue dell’area fecero la loro comparsa vocaboli come l’ungherese vampir, il lituano wempti, il turco uber, e il rumeno strigoi che, seppur con accenti diversi, identificavano un essere oscuro, un “non morto” legato al mondo dell’oltretomba dotato di poteri soprannaturali e molto pericoloso per i vivi. Nel frattempo, le leggende sull’oscura creatura avevano profondamente influenzato la cultura popolare: nei racconti diffusi sulle piazze e tra i tavoli delle osterie si narrava di un essere dai denti affilati e dal pallore mortale che, al calare delle tenebre, abbandonava il suo castello in cerca di vittime innocenti. Per non cadere nuovamente nel sonno della morte, il vampiro, che potevano assumere la forma di numerosi animali “immondi” (soprattutto del pipistrello), doveva necessariamente mordere le malcapitate prede, ricavando così il proprio nutrimento. Anche un essere così spietato, tuttavia, presentava numerosi punti deboli: oltre a non sopportare l’aglio, l’acqua santa, i crocifissi e la lucie solare, non poteva tolerare nemmeno la vista degli specchi che, non riflettendo la sua immagine, ne testimoniavano inequivocabilmente la natura maligna. Per sconfiggere definitivamente un vampiro, tuttavia, serviva ben altro: un uomo di straordinario coraggio che, armato di un appuntito paletto di frassino, trafiggesse il mostro con un profondo e deciso colpo nel petto. Secondo alcune leggende, però, la sconfitta definitiva avverrebbe soltanto con un preciso rituale: decapitando e gettando le sue spoglie mortali tra le fiamme, purificando con il fuoco la sua indole oscura. Nel corso del XV secolo la legfenda del vampiro sembrò incarnarsi in una figura storica: Vlad III di Vallacchia. Per il suo carattere spietato e sanguinario, sfogato contro i prigionieri di guerra e i detenuti comuni, questo sovrano venne infatti avvicinato alla creatura dai denti aguzzi. Fu proprio lui ad aggiudicarsi il famigerato soprannome di Dracula, che in rumeno significa letteralmente “figlio del diavolo” e proietta sulla sua figura una luce tetra e oscura. Su questa lontana vicenda, a metà strada tra stria e legenda, la fantasia dei romanzieri ha saputo costruire un universo suggestivo e coinvolgente che, ancora oggi, mantiene inalterato tutto il suo fascino.