- 20 Novembre 2011
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Gran folla oggi a L’Aquila. E’ già il terzo anniversario del sisma dalle 3.32 del 6 aprile 2009. In città ci sono le autorità, i politici, i giornali. La coincidenza della data con il venerdì santo e la campagna elettorale per le amministrative di maggio aumenta la folla. Ci siamo anche noi del Corriere, noi della 27ora, dalle 11.30 anche in diretta su Corriere.it. Siamo qui per presentare Le (r)esistenti, il docuweb in cui 27 donne aquilane raccontanola loro ”seconda vita”, quella cominciata all’indomani del terremoto. Una vita che ruota intorno ai luoghi dove prima si viveva: quasi nessuno abita dove abitava, quasi nessuno lavora dove lavorava. Il cuore della città, il centro storico, uno dei più belli d’Italia, da tre anni viene chiamato zona rossa. Un’area chiusa, tuttora militarizzata, circondata da transenne e recinzioni. Gli aquilani e le aquilane di giorno ci girano intorno, nella vita quotidiana che, come la città, è ormai fatta di frammenti. Di notte scatta il coprifuoco, l’effetto è spettrale: capita di camminare nelle poche strade aperte e sentire il rumore dei propri passi coperto da quello della musica di un locale che prova a richiamare gente.
L’Aquila è diventata suo malgrado il paradigma di un intero Paese. I 309 morti – che solo l’ipocrisia iniziale ha potuto imputare a una catastrofe naturale - sono vittime delle stesse scelte criminali fatte altrove, a Genova, a Messina. Quello che è successo il 6 aprile 2009 non è archiviabile: ci riguarda tutti. Non è una vecchia storia italiana, di quelle di cui nel tempo si perdono le fila di colpe e verità. E’ storia recente, condensabile in numeri che dicono molto anche se non tutto:
Li ha presentati nei gorni scorsi il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca. aggiornati al 6 marzo 2012. 33.700 persone ancora non sono tornate nelle proprie abitazioni, circa il 50% dei 67.459 senza tetto alla data del giorno del sisma. Tra gli assistiti, 21.807 si trovano in soluzioni alloggiative a carico dello Stato, 17.030 persone all’Aquila e 4.777 in altri Comuni del cratere: 12.969 presso gli alloggi del Progetto C.A.S.E.; 7.202 presso i Moduli Abitativi Provvisori (MAP); 692 con Affitti fondo immobiliare AQ; 885 con Affitti concordati con la Protezione Civile; 59 in altre strutture comunali. Altri 11.482 assistiti ricevono un contributo di autonoma sistemazione. 383 sono in alberghi. Sono stati stanziati 10,6 miliardi di euro (di cui 10,5 di fonte pubblica), 2,9 mld dei quali per interventi per d’emergenza e i restanti 7,7 mld destinati agli interventi per la ricostruzione.
La vicenda del terremoto e, soprattutto, del post-terremoto ci appartiene come collettività, come opinione pubblica ne portiamo il peso. Tutto si è svolto davanti ai nostri occhi: le passerelle del governo Berlusconi, il G8, le inaugurazioni delle new town, le inchieste, le intercettazioni con le risate degli imprenditori, le carriole, le cariche contro gli aquilani che sfilavano per le strade di Roma.
L’Aquila per noi è una prova del nove: se ce la fa la città, abbiamo vinto tutti, evitato il rischio di trasformare il 6 aprile nell’ennesimo anniversario del calendario delle ferite non rimarginate. Siamo tutti aquilani: cittadini di un paese che fa della sicurezza una bandiera e accetta che si possa morire dormendo nella propria casa. Un paese dove le opere, grandi o piccole che sia, sono i cantieri: eterni, bloccati e gonfiati. Dove chi vuole essere in regola è sommerso di permessi e moduli.
Come ci ha scritto una lettrice che si firma La Roscia: “Stateci vicini, con leggerezza. Non possiamo più essere come tutti, come prima, perché la notte, l’ombra diventa tutto, ed i fantasmi del passato e del futuro si mescolano al presente. Stateci a fianco e sentiteci respirare basso, roco fiato affaticato senza aver corso. A noi capita così, vivere ormai ci fa fatica anche da fermi, visto che stare fermi significa equilibrare il tutto sul filo del nulla. Ma stateci vicini senza parlare, senza giudicare, senza farci capire che avete capito. Questa alchimia è fragile, noi ci mettiamo impegno ed energia a stare comunque fermi, a camminare, a guardare il futuro come se ancore ci fosse. Per far esistere di nuovo tutto, e noi con esso. E questa è la prima delle infinite riscostruzioni che dobbiamo affrontare”.
L’Aquila per noi sono le donne hanno accettato di raccontarsi ne Le (r)esistenti. Le donne che resistono, insistono, esistono e anche stanotte, come tanti altri aquilani, sono andate a dormire dopo i 309 rintocchi delle campane e la lettura degli altrettanti nomi delle vittime, alla fine della fiaccolata silenziosa partita alle 23.30 da Fontana luminosa e arrivata alla 3.32 al Duomo. L’Aquila per noi sono quelle che si sono autonominate “terremutate che ho raccontato in un post un anno fa. Da incontri così è nato il progetto per L’Aquila. Per noi. Il docuweb da oggi lo potete vedere. Guardate quei volti, ascoltate quelle voci ma poi andateci a L’Aquila, a Onna. In maggio in settembre, in marzo. Capirete perché chi prima preferiva andarsene al mare, ora sente il bisogno di salire sulle montagne intorno all’Aquila: lì non ci sono transenne, zone rosse, macerie in vista, prefabbricati, non luoghi.
Fonte consultata: gazzettadelsud.it
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