L'appello del Capo dello Stato:
«Così l'Italia non può rialzarsi».
Il premier: deluderò i nostalgici
della Prima Repubblica ma resto
La Lega contro il governo tecnico
ROMA
Silvio Berlusconi interrompe il silenzio nel tardo pomeriggio, in pieno tamtam su una sua possibile salita al Colle. «Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo governo. Mi dispiace» ma continuo «la battaglia», mette nero su bianco il Cavaliere. La giornata trascorsa a palazzo Grazioli, unico ospite Paolo Bonaiuti, sembra aver rincuorato il premier sulle chances di 'sfangarlà in Parlamento.
Ieri notte a Gianni Letta, Angelino Alfano e Denis Verdini che lo invitavano al passo indietro per evitare il rischio di cadere in aula, Berlusconi aveva già manifestato la volontà di andare avanti. Oggi l'ha confermata. Comunque, la cartina tornasole sarà il voto di martedì in aula sul rendiconto. Se il provvedimento dovesse passare solo grazie ad astensioni nel Terzo Polo (il Pd voterà contro, fanno sapere dal Nazareno) il Cavaliere, spiegano fonti Pdl, vede due strade: o tentare di recuperare i dissidenti uno a uno in vista della vera battaglia della vita, ovvero il voto sul ddl stabilità a metà novembre, o fare il famoso passo indietro a favore di Letta o un altro esponente dello stesso calibro dopo l'ok alle misure anticrisi.
Ipotesi quest'ultima a cui anche nel vertice di ieri sera a Grazioli il premier si sarebbe sottratto. Per tentare, piuttosto, il tutto per tutto e riportare gli scontenti all'ovile visto che sono solo «arrabbiati e delusi» non hanno «un progetto politico», avrebbe detto Berlusconi a Paolo Guzzanti come riportato dal deputato sul suo blog. Peraltro l'ipotesi di un governo senza Berlusconi e allargato all'Udc, oggi ha subito un duro colpo d'arresto dalla Lega. Stronca Roberto Calderoli: una «maggioranza allargata», leggi all'Udc, «sarebbe un colpo di Stato». Intanto nuovo monito del presidente Giorgio Napolitano: serve una tregua, dice, «è necessario un riavvicinamento tra capi politici contrapposti, non per confondersi ma per condividere le scelte importanti che rispondono ai bisogni più profondi».
Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, oggi precisa che la richiesta di un passo indietro a Berlusconi sarebbe solo «un pettegolezzo». Piuttosto, il premier è impegnato nella «elaborazione» delle misure derivanti dagli impegni del G20 e «di conseguenza non si pone alcun problema di dimissioni, ma -sottolinea Alfano- piuttosto quello di una riflessione da fare nei prossimi giorni sulla condotta politica da scegliere per favorire il più vasto concorso possibile di forze politiche e sociali».
Alfano spiega che ieri sera con Berlusconi «abbiamo esaminato la situazione politica e parlamentare, con particolare riferimento al voto di martedì prossimo sul rendiconto». E di lì sarebbe venuta l'esigenza di vedere come «favorire» un consenso largo sulle misure anticrisi. L'Udc, quindi? Se la scontenta Isabella Bertolini apprezza, Roberto Calderoli stoppa ogni ipotesi di allargamento. Queste le grane sul tavolo del Cavaliere che intanto smentisce in prima persona ogni ipotesi di dimissioni. «Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica quando i governi duravano in media 11 mesi, ma -afferma il Cavaliere in una nota- la responsabilità nei confronti degli elettori e del Paese impongono a noi e al nostro Governo di continuare nella battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi».
La Lega ribadisce il no a qualsiasi ipotesi di governo tecnico e men che meno a possibili allargamenti della maggioranza all'Udc. «Governi tecnici, di coesione, di tregua, di unità nazionale o come diavolo li si voglia chiamare, o peggio ancora maggioranze allargate -dice Roberto Calderoli- , sarebbero un colpo di Stato e i colpi di Stato si combattono con la rivoluzione. In un sistema bipolare se cade un Governo la parola deve tornare al popolo oppure il popolo da solo se riprende la parola e riafferma la democrazia».
Il ministro leghista prende le distanze anche dalle presunte campagne acquisti in corso per salvare la maggioranza. «Rifiuto la logica dei conti del pallottoliere, quella logica che basa la politica soltanto sui numeri e non sui contenuti, e sono schifato -sottolinea- del trasformismo dei parlamentari di entrambi gli schieramenti che da un istante all'altro, per illuminazione divina o forse più probabilmente per meschini interessi personali, passano dalla maggioranza all'opposizione e viceversa». «Sono nauseato delle campagne acquisti, con saldi di fine stagione, di omuncoli e donnine, ad opera proprio delle forze politiche e dei poteri forti che hanno la responsabilità storica della crisi economica che oggi stiamo vivendo», incalza il ministro leghista.«Sono invece onorato di appartenere ad una forza politica che non ha visto neppure uno solo dei suoi soldati tradire il proprio mandato. Ora se il Governo Berlusconi ha i numeri per andare avanti e realizzare o completare le riforme bene, diversamente non resta che il voto», chiude Calderoli.
Il Pd, oggi in piazza a San Giovanni, ripete con Pier Luigi Bersani di essere pronto sia che si vada al voto sia che si riesca a dar vita ad un governo di emergenza purchè abbia una larga base parlamentare. Ma anche se si andasse alla elezioni, il prossimo per Bersani sarebbe comunque un governo di emergenza, un governo di ricostruzione.
Bersani propone all'Udc, «un'alleanza dei progressisti e dei moderati per una legislatura di ricostruzione. Unità per la ricostruzione. Sappiamo che questa proposta è una sfida per tutti. Per il centrosinistra, per le forze di centro e per lo stesso Partito Democratico. Ma guardando il dramma del Paese tutti devono accettarlo». Quello che non accetta Bersani è che si pensi di dividere il Pd o escluderlo: il riferimento è un potenziale governo Letta sostenuto dall'Udc e magari dai cattolici del Pd. «Vediamo bene le operazioni in corso. Vediamo la ricerca confusa di soluzioni che possano prescindere dal Pd. Il primo Partito del Paese non può essere e non sarà mai una ruota di scorta».
Intanto, Pier Ferdinando Casini saluta positivamente la piazza del Pd a cui hanno partecipato anche Idv e Sel. «Una grande manifestazione democratica di testimonianza politica di un grande partito. I contenuti che il Pd in quest'ultimo periodo ha posto all'attenzione anche nella vita parlamentare sono di grande ragionevolezza», sottolinea il leader dell'Udc. Casini sollecita quindi un «armistizio tra le forze politiche dando vita ad un governo che abbia quella credibilità finanziaria internazionale che ci consenta di avviare il risanamento italiano». Mentre Gianfranco Fini si rivolge così a Berlusconi: «Abbia la capacità di concentrarsi non sulla conta delle pecorelle ma sulla prospettiva da dare all'Italia e al Pdl».
Fonte: lastampa.it
«Così l'Italia non può rialzarsi».
Il premier: deluderò i nostalgici
della Prima Repubblica ma resto
La Lega contro il governo tecnico
ROMA
Silvio Berlusconi interrompe il silenzio nel tardo pomeriggio, in pieno tamtam su una sua possibile salita al Colle. «Girano nei palazzi romani chiacchiere e pettegolezzi su un argomento: le dimissioni di questo governo. Mi dispiace» ma continuo «la battaglia», mette nero su bianco il Cavaliere. La giornata trascorsa a palazzo Grazioli, unico ospite Paolo Bonaiuti, sembra aver rincuorato il premier sulle chances di 'sfangarlà in Parlamento.
Ieri notte a Gianni Letta, Angelino Alfano e Denis Verdini che lo invitavano al passo indietro per evitare il rischio di cadere in aula, Berlusconi aveva già manifestato la volontà di andare avanti. Oggi l'ha confermata. Comunque, la cartina tornasole sarà il voto di martedì in aula sul rendiconto. Se il provvedimento dovesse passare solo grazie ad astensioni nel Terzo Polo (il Pd voterà contro, fanno sapere dal Nazareno) il Cavaliere, spiegano fonti Pdl, vede due strade: o tentare di recuperare i dissidenti uno a uno in vista della vera battaglia della vita, ovvero il voto sul ddl stabilità a metà novembre, o fare il famoso passo indietro a favore di Letta o un altro esponente dello stesso calibro dopo l'ok alle misure anticrisi.
Ipotesi quest'ultima a cui anche nel vertice di ieri sera a Grazioli il premier si sarebbe sottratto. Per tentare, piuttosto, il tutto per tutto e riportare gli scontenti all'ovile visto che sono solo «arrabbiati e delusi» non hanno «un progetto politico», avrebbe detto Berlusconi a Paolo Guzzanti come riportato dal deputato sul suo blog. Peraltro l'ipotesi di un governo senza Berlusconi e allargato all'Udc, oggi ha subito un duro colpo d'arresto dalla Lega. Stronca Roberto Calderoli: una «maggioranza allargata», leggi all'Udc, «sarebbe un colpo di Stato». Intanto nuovo monito del presidente Giorgio Napolitano: serve una tregua, dice, «è necessario un riavvicinamento tra capi politici contrapposti, non per confondersi ma per condividere le scelte importanti che rispondono ai bisogni più profondi».
Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, oggi precisa che la richiesta di un passo indietro a Berlusconi sarebbe solo «un pettegolezzo». Piuttosto, il premier è impegnato nella «elaborazione» delle misure derivanti dagli impegni del G20 e «di conseguenza non si pone alcun problema di dimissioni, ma -sottolinea Alfano- piuttosto quello di una riflessione da fare nei prossimi giorni sulla condotta politica da scegliere per favorire il più vasto concorso possibile di forze politiche e sociali».
Alfano spiega che ieri sera con Berlusconi «abbiamo esaminato la situazione politica e parlamentare, con particolare riferimento al voto di martedì prossimo sul rendiconto». E di lì sarebbe venuta l'esigenza di vedere come «favorire» un consenso largo sulle misure anticrisi. L'Udc, quindi? Se la scontenta Isabella Bertolini apprezza, Roberto Calderoli stoppa ogni ipotesi di allargamento. Queste le grane sul tavolo del Cavaliere che intanto smentisce in prima persona ogni ipotesi di dimissioni. «Mi spiace di deludere i nostalgici della Prima Repubblica quando i governi duravano in media 11 mesi, ma -afferma il Cavaliere in una nota- la responsabilità nei confronti degli elettori e del Paese impongono a noi e al nostro Governo di continuare nella battaglia di civiltà che stiamo conducendo in questo difficile momento di crisi».
La Lega ribadisce il no a qualsiasi ipotesi di governo tecnico e men che meno a possibili allargamenti della maggioranza all'Udc. «Governi tecnici, di coesione, di tregua, di unità nazionale o come diavolo li si voglia chiamare, o peggio ancora maggioranze allargate -dice Roberto Calderoli- , sarebbero un colpo di Stato e i colpi di Stato si combattono con la rivoluzione. In un sistema bipolare se cade un Governo la parola deve tornare al popolo oppure il popolo da solo se riprende la parola e riafferma la democrazia».
Il ministro leghista prende le distanze anche dalle presunte campagne acquisti in corso per salvare la maggioranza. «Rifiuto la logica dei conti del pallottoliere, quella logica che basa la politica soltanto sui numeri e non sui contenuti, e sono schifato -sottolinea- del trasformismo dei parlamentari di entrambi gli schieramenti che da un istante all'altro, per illuminazione divina o forse più probabilmente per meschini interessi personali, passano dalla maggioranza all'opposizione e viceversa». «Sono nauseato delle campagne acquisti, con saldi di fine stagione, di omuncoli e donnine, ad opera proprio delle forze politiche e dei poteri forti che hanno la responsabilità storica della crisi economica che oggi stiamo vivendo», incalza il ministro leghista.«Sono invece onorato di appartenere ad una forza politica che non ha visto neppure uno solo dei suoi soldati tradire il proprio mandato. Ora se il Governo Berlusconi ha i numeri per andare avanti e realizzare o completare le riforme bene, diversamente non resta che il voto», chiude Calderoli.
Il Pd, oggi in piazza a San Giovanni, ripete con Pier Luigi Bersani di essere pronto sia che si vada al voto sia che si riesca a dar vita ad un governo di emergenza purchè abbia una larga base parlamentare. Ma anche se si andasse alla elezioni, il prossimo per Bersani sarebbe comunque un governo di emergenza, un governo di ricostruzione.
Bersani propone all'Udc, «un'alleanza dei progressisti e dei moderati per una legislatura di ricostruzione. Unità per la ricostruzione. Sappiamo che questa proposta è una sfida per tutti. Per il centrosinistra, per le forze di centro e per lo stesso Partito Democratico. Ma guardando il dramma del Paese tutti devono accettarlo». Quello che non accetta Bersani è che si pensi di dividere il Pd o escluderlo: il riferimento è un potenziale governo Letta sostenuto dall'Udc e magari dai cattolici del Pd. «Vediamo bene le operazioni in corso. Vediamo la ricerca confusa di soluzioni che possano prescindere dal Pd. Il primo Partito del Paese non può essere e non sarà mai una ruota di scorta».
Intanto, Pier Ferdinando Casini saluta positivamente la piazza del Pd a cui hanno partecipato anche Idv e Sel. «Una grande manifestazione democratica di testimonianza politica di un grande partito. I contenuti che il Pd in quest'ultimo periodo ha posto all'attenzione anche nella vita parlamentare sono di grande ragionevolezza», sottolinea il leader dell'Udc. Casini sollecita quindi un «armistizio tra le forze politiche dando vita ad un governo che abbia quella credibilità finanziaria internazionale che ci consenta di avviare il risanamento italiano». Mentre Gianfranco Fini si rivolge così a Berlusconi: «Abbia la capacità di concentrarsi non sulla conta delle pecorelle ma sulla prospettiva da dare all'Italia e al Pdl».
Fonte: lastampa.it