Titolo Italiano: Profondo Rosso
Titolo Originale: Profondo Rosso
Genere: thriller
Durata: 127'
Contenuto:
Nella trama la storia si svolge interamente, ma fittiziamente, a Roma (in realtà, vedi infra, tutte le scene esterne sono state girate a Torino). La storia ha inizio in un piccolo teatro della capitale dove si tiene un congresso di parapsicologia tenuto da una sensitiva tedesca, Helga Ulmann (Macha Meril). Dopo aver dato dimostrazione delle sue facoltà medianiche rivelando il nome di un signore seduto in platea senza averlo mai conosciuto la medium lancia un urlo. Dopo essersi calmata dice di aver avuto la sensazione che una lama invisibile attraversasse il suo corpo ma tranquillizza subito i suoi assistenti e decide di continuare con il congresso. Dopo pochi secondi quella terribile sensazione la raggiunge nuovamente, ma questa volta in maniera estrememente violenta e molto più chiara. La Ulmann afferma di essere senza volerlo entrata in contatto con una mente perversa, probabilmante presente tra il pubblico. Dice anche che questa persona ha già ucciso e che ucciderà ancora. Infine parla di una villa e di una strana nenia infantile.
Tornata a casa, la sensitiva mentre parla al telefono comincia a sentire una strana musica, molto simile ad una canzoncina per bambini. Dopo un po' suonano alla porta e mentre sta per andare ad aprire la terribile sensazione avuta in teatro si ripresenta. La donna non ha il tempo di riordinare le idee che la porta viene sfondata e una mano contenete una mannaia da macellaio sferza violenti colpi sul corpo della donna che cade al suolo. Si rialza e cerca di scappare, raggiunge una finestra per gridare aiuto, ma prima che la apra l'assassino la colpisce a morte.
In quel momento il pianista inglese Marcus Daly (David Hemmings), arrivato a Roma per insegnare jazz, assiste dalla strada all'epilogo del delitto. Il suo appartamento è nello stesso stabile in cui si svolge l'assassinio. Con lui c'è Carlo (Gabriele Lavia), un'altro pianista amico di vecchia data, completamente ubriaco. Mentre Carlo rimane in strada, Marcus sale subito dentro l'abitazione della medium, venendo poi raggiunto poco dopo dalla polizia. Appare sulla scena anche una giovane giornalista, Gianna Brezzi (Daria Nicolodi, moglie di Dario Argento). Gianna attratta da Marcus e intrigata dal possibile scoop decide di non lasciarlo solo nelle indagini.
Un parapsicologo che era stato presente alla conferenza dice che la nenia infantile è contenuta in un vecchio libretto di leggende popolari. Marcus riesce a trovarlo in una biblioteca. Il libro contiene una fotografia di una villa. Con la sola fotografia in mano, Marcus cerca di capire dove si trovi la villa. L'unico elemento è una grande pianta nel giardino, molto rara per la zona di Roma. In giornata Marcus si reca anche a casa di Carlo, per sincerarsi che abbia smaltito la sbronza. Conosce la madre, Marta.
Mentre indaga, Daly s'accorge di essere diventato il bersaglio numero uno del killer, che intanto continua con i delitti, arrivando sempre più vicino a lui e uccidendo tutte le persone che gli stanno vicino oppure che arrivano alla verità. Muoiono infatti, uno dopo l'altro, la scrittrice Amanda Righetti (Giuliana Calandra), autrice del libro in cui si parla della villa e lo psichiatra Giordani (Glauco Mauri), che scopre casualmente il nome del killer lasciato da quest'ultima sullo specchio del bagno di casa.
Proseguendo nelle sue indagini, Marcus Daly mostra la foto a diversi vivaisti; uno di questi riconosce la pianta venduta anni prima e gli fornisce l'indirizo della villa. Questa è disabitata, ma custodita. Il musicista rintraccia il custode (che ha una figlia in età scolare, Olga (Nicoletta Elmi) e si fa prestare le chiavi. Quando entra dentro, scopre subito qualcosa d'interessante: sotto l'intonaco di una parete c'è un affresco raccapricciante che raffigura un bambino con un lungo coltello in mano e un uomo gigantesco con il petto inondato di sangue.
Tornato a casa, però, Daly decide di abbandonare le sue ricerche e decide di partire da Roma: chiede a Gianna se vuole andare con lui in Spagna. La giornalista accetta entusiasta e i due si danno appuntamento per la sera stessa. Ma a Daly torna in mente una cosa: la villa che ha appena visitato ha quattro finestre, mentre nella foto ce ne sono cinque. Decide allora di tornare a vedere. Scopre che c'è una stanza murata all'interno della villa. Con un piccone abbatte il muro divisorio e con sua grande sorpresa trova un corpo mummificato all'interno. Subito dopo riceve un colpo sulla testa e sviene.
Quando si sveglia vede il volto di Gianna: la giornalista lo ha seguito e lo ha portato fuori della villa, cui qualcuno ha appiccato il fuoco. Poco dopo Marcus e Gianna sono nella casa del custode e il musicista ha un sussulto quando scopre un disegno nella cameretta della bambina che è uguale a quello che ha trovato dentro la villa, scavando sotto l'intonaco. Marcus interroga la bimba, che confessa di aver copiato il disegno a scuola: l'ha trovato in una vecchia raccolta mentre era stata messa in punizione in archivio. Marcus e Gianna si recano subito nella scuola di Olga e si mettono a cercare insieme il disegno. Mentre Gianna si allontana per chiamare la polizia, Marcus trova il disegno e ne legge la firma. Cerca immediatamente Gianna, ma la trova con un coltello piantato nel fianco. La giornalista però è ancora viva. Il killer, dunque, è già dentro la scuola. Marcus dichiara al killer ancora nascosto di aver riconsciuto la sua identità. Alle sue spalle appare l'amico e collega Carlo che gli punta la pistola. Ma prima che prema il grilletto, viene messo in fuga dalla polizia. Carlo però non fa molta strada: viene prima investito e trascinato da un camion e poi ucciso da una macchina, che gli schiaccia la testa.
Tutto risolto? Mentre Gianna viene portata in ospedale, Marcus torna verso il suo appartamento e ripensa agli episodi che gli sono accaduti. Si rende conto che Carlo non può essere il killer perché era con lui mentre accadeva il primo delitto e quindi decide di entrare nella casa della medium per cercare nuovi indizi. Appena entra si rende conto di aver già visto il misterioso assassino, il cui volto era riflesso in uno specchio.
Si ripete la scena già vista nella scuola: Marcus si volta e vede in faccia il killer, questa volta quello vero: il suo volto è quello di Marta (Clara Calamai), la pazza madre di Carlo, che quando quest'ultimo era piccolo aveva assassinato sotto i suoi occhi il padre, che voleva ricoverarla in clinica perché malata. Carlo, da bambino, aveva quindi dipinto a scuola l'orrenda scena del delitto. La villa era stata la prima abitazione di Carlo e il corpo mummificato era quello di suo padre.
Marta cerca di colpire Marc con una mannaia, finendo però incastrata per colpa di un ciondolo di metallo con grossi elementi nelle inferriate dell'ascensore. Il pianista preme allora il tasto per far scendere l'ascensore, e la donna si decapita con la sua stessa collana. Su uno sfondo rosso, con un primo piano del volto del protagonista, scorrono i titoli di coda, accompagnati dall'angosciante tema musicale.
Recensione:
Profondo Rosso incarna tutte le qualità di un thriller fatto ad arte, discostandosi notevolmente dalle realizzazioni precedenti di Argento e donando al cinema italiano qualcosa di irripetibile. E' forse il film più conosciuto del regista romano, il quale originariamente lo aveva intitolato "La tigre dai denti di sciabola", forse per restare fedele alla sua personale abitudine di inserire animali nei titoli, ma è anche il più enigmatico dei suoi lavori, poichè risulta composto da un'infinità di particolari che deviano lo spettatore da quello che è il suo intento primario: individuare l'assassino. Ed è quasi impossibile riuscire in questa impresa, a meno che non si disponga di ottime conoscenze nel campo della psicologia o un occhio analitico capace di cogliere i minimi particolari che Argento ci concede nei 121 minuti di Profondo Rosso.
Il regista paralizza alla poltrona lo spettatore e lo trasforma in parte integrante del film. Quest’ultimo si ritrova inaspettatamente in un duplice ruolo ambiguo ed inusuale. Non passivo come accadeva nella maggior parte dei gialli del periodo, ma può immedesimarsi in simultanea con l’assassino (geniali le riprese sulle scarpe che cigolano sul pavimento, sui guanti di pelle) e con la vittima di turno fatta fuori con impressionante ferocia. Una specie di viaggio a ritroso nel tempo, in turbe infantili, sempre alla disperata ricerca di indizi, di quel particolare, di quella chiave rivelatrice del segreto che sta a cuore sapere, eppure la soluzione bazzica nella mente in quanto già vista e assaporata. Suggestive e surreali le musiche dei Goblin (i quali ritroveremo nel tanto decantato Suspiria due anni più tardi) e del jazzista Giorgio Gaslini. A stemperare di poco la tensione generale della storia vi sono i battibecchi dei co-protagonisti interpretati da Daria Nicolodi e dall'ormai defunto attore inglese David Hemmings, i quali si lasciano andare ad un raffinato humour che decisamente non guasta il film proprio per il suo essere raffinato.
A farla da padrone in questa pellicola del 1975 sono sicuramente la scenografia e l'ambientazione; la città di Mark è una Roma malsana e irreale (Argento decise di girare il film tra la capitale e Torino proprio per smarrire lo spettatore), abitata da "fantocci animati" più che da persone con lo sguardo vivo, in cui lui e Gianna sembrano gli unici esseri viventi che cerchino di far realmente luce sui delitti. Da notare l'enorme differenza tra esterni ed interni: mentre i primi sembrano quasi rassicuranti, gli interni di qualsiasi abitazione del film (in particolar modo quelli della sentitiva) appaiono raccapriccianti e inusuali; quadri di macabra bellezza, porte a vetro di intuitiva pericolosità, scalinate e tetre cantine se non che l'immancabile presenza dell'elemento aquatico simboleggiante la follia dell'assassino, ovviamente.
All’occhio dello spettatore risalta maestosa Villa Scott. Situata sulle colline torinesi, la rinomata "Villa del bambino urlante" è teatro delle indagini del nostro protagonista. Durante il soggiorno per le riprese Dario Argento utilizzò realmente gli interni, e non ricostruzioni negli studi. Sorse però un problema in quanto la villa era sede di un istituto gestito da delle suore che opposero il loro veto per le riprese. Il regista romano mandò gentilmente suore e alunne in vacanza a Rimini. Il tutto per produrre un'opera di sublime fascino e di perversa bellezza: le sequenze sulle biglie, sui bambolotti legati da un cappio al collo sulle note di una terrificante nenia infantile, futile nella sua essenza ma opprimente e agghiacciante nel complesso.
Curiosità: in seguito alla realizzazione di "Deep Red", Darione salirà alla ribalta internazionale e diventerà regista di caratura mondiale. Apprezzato in molti paesi del globo, "Profondo Rosso" verrà distribuito in Giappone con il titolo di "Suspira Part II". Entrambi otterranno un successo planetario. Parole di elogio verranno spese per il nostro amato regista addirittura da Alfred Hitchcock che in un'intervista affermò testualmente:"Questo giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi". Il fantoccio animato che assale Giordani nella sua abitazione ha le fattezze del bimbo deforme che rinverremo in un altro film del regista romano ovvero "Phenomena". E’ da questa pellicola in poi che partirà la love story tra l’introverso regista e Daria Nicolodi dal cui matrimonio verrà alla luce la figlia Asia. La sadica e perversa bambina dalle mente contorta che tortura le povere lucertole è Nicoletta Elmi, attrice feticcio di molti registi. Numerose sono infatti le comparsate in tanti film di quegli anni (Reazione a Catena, Gli orrori del Castello di Norimberga, Demoni).
Il personaggio interpretato dalla Nicolodi è esistito veramente: Gianna Brezzi era nientemeno che una collega/amica di Argento nella redazione di Paese Sera, nei suoi trascorsi di critico cinematografico. Inizialmente doveva essere interpretata da Susanna Javicoli (La notte dei Cervi), nota attrice teatrale, che in seguito ad un attacco di modestia, rifiutò la parte troppo importante per lei.
La foto cestinata dalla giornalista Gianna Brezzi, raffigurante l’ex di Mark, altri non è che Marilù Tolo ex di Argento.
Il gioco rivelatorio finale è chiaramente ispirato a "Assassinio allo specchio" della scrittrice Agata Christie.
Titolo Originale: Profondo Rosso
Genere: thriller
Durata: 127'
Contenuto:
Nella trama la storia si svolge interamente, ma fittiziamente, a Roma (in realtà, vedi infra, tutte le scene esterne sono state girate a Torino). La storia ha inizio in un piccolo teatro della capitale dove si tiene un congresso di parapsicologia tenuto da una sensitiva tedesca, Helga Ulmann (Macha Meril). Dopo aver dato dimostrazione delle sue facoltà medianiche rivelando il nome di un signore seduto in platea senza averlo mai conosciuto la medium lancia un urlo. Dopo essersi calmata dice di aver avuto la sensazione che una lama invisibile attraversasse il suo corpo ma tranquillizza subito i suoi assistenti e decide di continuare con il congresso. Dopo pochi secondi quella terribile sensazione la raggiunge nuovamente, ma questa volta in maniera estrememente violenta e molto più chiara. La Ulmann afferma di essere senza volerlo entrata in contatto con una mente perversa, probabilmante presente tra il pubblico. Dice anche che questa persona ha già ucciso e che ucciderà ancora. Infine parla di una villa e di una strana nenia infantile.
Tornata a casa, la sensitiva mentre parla al telefono comincia a sentire una strana musica, molto simile ad una canzoncina per bambini. Dopo un po' suonano alla porta e mentre sta per andare ad aprire la terribile sensazione avuta in teatro si ripresenta. La donna non ha il tempo di riordinare le idee che la porta viene sfondata e una mano contenete una mannaia da macellaio sferza violenti colpi sul corpo della donna che cade al suolo. Si rialza e cerca di scappare, raggiunge una finestra per gridare aiuto, ma prima che la apra l'assassino la colpisce a morte.
In quel momento il pianista inglese Marcus Daly (David Hemmings), arrivato a Roma per insegnare jazz, assiste dalla strada all'epilogo del delitto. Il suo appartamento è nello stesso stabile in cui si svolge l'assassinio. Con lui c'è Carlo (Gabriele Lavia), un'altro pianista amico di vecchia data, completamente ubriaco. Mentre Carlo rimane in strada, Marcus sale subito dentro l'abitazione della medium, venendo poi raggiunto poco dopo dalla polizia. Appare sulla scena anche una giovane giornalista, Gianna Brezzi (Daria Nicolodi, moglie di Dario Argento). Gianna attratta da Marcus e intrigata dal possibile scoop decide di non lasciarlo solo nelle indagini.
Un parapsicologo che era stato presente alla conferenza dice che la nenia infantile è contenuta in un vecchio libretto di leggende popolari. Marcus riesce a trovarlo in una biblioteca. Il libro contiene una fotografia di una villa. Con la sola fotografia in mano, Marcus cerca di capire dove si trovi la villa. L'unico elemento è una grande pianta nel giardino, molto rara per la zona di Roma. In giornata Marcus si reca anche a casa di Carlo, per sincerarsi che abbia smaltito la sbronza. Conosce la madre, Marta.
Mentre indaga, Daly s'accorge di essere diventato il bersaglio numero uno del killer, che intanto continua con i delitti, arrivando sempre più vicino a lui e uccidendo tutte le persone che gli stanno vicino oppure che arrivano alla verità. Muoiono infatti, uno dopo l'altro, la scrittrice Amanda Righetti (Giuliana Calandra), autrice del libro in cui si parla della villa e lo psichiatra Giordani (Glauco Mauri), che scopre casualmente il nome del killer lasciato da quest'ultima sullo specchio del bagno di casa.
Proseguendo nelle sue indagini, Marcus Daly mostra la foto a diversi vivaisti; uno di questi riconosce la pianta venduta anni prima e gli fornisce l'indirizo della villa. Questa è disabitata, ma custodita. Il musicista rintraccia il custode (che ha una figlia in età scolare, Olga (Nicoletta Elmi) e si fa prestare le chiavi. Quando entra dentro, scopre subito qualcosa d'interessante: sotto l'intonaco di una parete c'è un affresco raccapricciante che raffigura un bambino con un lungo coltello in mano e un uomo gigantesco con il petto inondato di sangue.
Tornato a casa, però, Daly decide di abbandonare le sue ricerche e decide di partire da Roma: chiede a Gianna se vuole andare con lui in Spagna. La giornalista accetta entusiasta e i due si danno appuntamento per la sera stessa. Ma a Daly torna in mente una cosa: la villa che ha appena visitato ha quattro finestre, mentre nella foto ce ne sono cinque. Decide allora di tornare a vedere. Scopre che c'è una stanza murata all'interno della villa. Con un piccone abbatte il muro divisorio e con sua grande sorpresa trova un corpo mummificato all'interno. Subito dopo riceve un colpo sulla testa e sviene.
Quando si sveglia vede il volto di Gianna: la giornalista lo ha seguito e lo ha portato fuori della villa, cui qualcuno ha appiccato il fuoco. Poco dopo Marcus e Gianna sono nella casa del custode e il musicista ha un sussulto quando scopre un disegno nella cameretta della bambina che è uguale a quello che ha trovato dentro la villa, scavando sotto l'intonaco. Marcus interroga la bimba, che confessa di aver copiato il disegno a scuola: l'ha trovato in una vecchia raccolta mentre era stata messa in punizione in archivio. Marcus e Gianna si recano subito nella scuola di Olga e si mettono a cercare insieme il disegno. Mentre Gianna si allontana per chiamare la polizia, Marcus trova il disegno e ne legge la firma. Cerca immediatamente Gianna, ma la trova con un coltello piantato nel fianco. La giornalista però è ancora viva. Il killer, dunque, è già dentro la scuola. Marcus dichiara al killer ancora nascosto di aver riconsciuto la sua identità. Alle sue spalle appare l'amico e collega Carlo che gli punta la pistola. Ma prima che prema il grilletto, viene messo in fuga dalla polizia. Carlo però non fa molta strada: viene prima investito e trascinato da un camion e poi ucciso da una macchina, che gli schiaccia la testa.
Tutto risolto? Mentre Gianna viene portata in ospedale, Marcus torna verso il suo appartamento e ripensa agli episodi che gli sono accaduti. Si rende conto che Carlo non può essere il killer perché era con lui mentre accadeva il primo delitto e quindi decide di entrare nella casa della medium per cercare nuovi indizi. Appena entra si rende conto di aver già visto il misterioso assassino, il cui volto era riflesso in uno specchio.
Si ripete la scena già vista nella scuola: Marcus si volta e vede in faccia il killer, questa volta quello vero: il suo volto è quello di Marta (Clara Calamai), la pazza madre di Carlo, che quando quest'ultimo era piccolo aveva assassinato sotto i suoi occhi il padre, che voleva ricoverarla in clinica perché malata. Carlo, da bambino, aveva quindi dipinto a scuola l'orrenda scena del delitto. La villa era stata la prima abitazione di Carlo e il corpo mummificato era quello di suo padre.
Marta cerca di colpire Marc con una mannaia, finendo però incastrata per colpa di un ciondolo di metallo con grossi elementi nelle inferriate dell'ascensore. Il pianista preme allora il tasto per far scendere l'ascensore, e la donna si decapita con la sua stessa collana. Su uno sfondo rosso, con un primo piano del volto del protagonista, scorrono i titoli di coda, accompagnati dall'angosciante tema musicale.
Recensione:
Profondo Rosso incarna tutte le qualità di un thriller fatto ad arte, discostandosi notevolmente dalle realizzazioni precedenti di Argento e donando al cinema italiano qualcosa di irripetibile. E' forse il film più conosciuto del regista romano, il quale originariamente lo aveva intitolato "La tigre dai denti di sciabola", forse per restare fedele alla sua personale abitudine di inserire animali nei titoli, ma è anche il più enigmatico dei suoi lavori, poichè risulta composto da un'infinità di particolari che deviano lo spettatore da quello che è il suo intento primario: individuare l'assassino. Ed è quasi impossibile riuscire in questa impresa, a meno che non si disponga di ottime conoscenze nel campo della psicologia o un occhio analitico capace di cogliere i minimi particolari che Argento ci concede nei 121 minuti di Profondo Rosso.
Il regista paralizza alla poltrona lo spettatore e lo trasforma in parte integrante del film. Quest’ultimo si ritrova inaspettatamente in un duplice ruolo ambiguo ed inusuale. Non passivo come accadeva nella maggior parte dei gialli del periodo, ma può immedesimarsi in simultanea con l’assassino (geniali le riprese sulle scarpe che cigolano sul pavimento, sui guanti di pelle) e con la vittima di turno fatta fuori con impressionante ferocia. Una specie di viaggio a ritroso nel tempo, in turbe infantili, sempre alla disperata ricerca di indizi, di quel particolare, di quella chiave rivelatrice del segreto che sta a cuore sapere, eppure la soluzione bazzica nella mente in quanto già vista e assaporata. Suggestive e surreali le musiche dei Goblin (i quali ritroveremo nel tanto decantato Suspiria due anni più tardi) e del jazzista Giorgio Gaslini. A stemperare di poco la tensione generale della storia vi sono i battibecchi dei co-protagonisti interpretati da Daria Nicolodi e dall'ormai defunto attore inglese David Hemmings, i quali si lasciano andare ad un raffinato humour che decisamente non guasta il film proprio per il suo essere raffinato.
A farla da padrone in questa pellicola del 1975 sono sicuramente la scenografia e l'ambientazione; la città di Mark è una Roma malsana e irreale (Argento decise di girare il film tra la capitale e Torino proprio per smarrire lo spettatore), abitata da "fantocci animati" più che da persone con lo sguardo vivo, in cui lui e Gianna sembrano gli unici esseri viventi che cerchino di far realmente luce sui delitti. Da notare l'enorme differenza tra esterni ed interni: mentre i primi sembrano quasi rassicuranti, gli interni di qualsiasi abitazione del film (in particolar modo quelli della sentitiva) appaiono raccapriccianti e inusuali; quadri di macabra bellezza, porte a vetro di intuitiva pericolosità, scalinate e tetre cantine se non che l'immancabile presenza dell'elemento aquatico simboleggiante la follia dell'assassino, ovviamente.
All’occhio dello spettatore risalta maestosa Villa Scott. Situata sulle colline torinesi, la rinomata "Villa del bambino urlante" è teatro delle indagini del nostro protagonista. Durante il soggiorno per le riprese Dario Argento utilizzò realmente gli interni, e non ricostruzioni negli studi. Sorse però un problema in quanto la villa era sede di un istituto gestito da delle suore che opposero il loro veto per le riprese. Il regista romano mandò gentilmente suore e alunne in vacanza a Rimini. Il tutto per produrre un'opera di sublime fascino e di perversa bellezza: le sequenze sulle biglie, sui bambolotti legati da un cappio al collo sulle note di una terrificante nenia infantile, futile nella sua essenza ma opprimente e agghiacciante nel complesso.
Curiosità: in seguito alla realizzazione di "Deep Red", Darione salirà alla ribalta internazionale e diventerà regista di caratura mondiale. Apprezzato in molti paesi del globo, "Profondo Rosso" verrà distribuito in Giappone con il titolo di "Suspira Part II". Entrambi otterranno un successo planetario. Parole di elogio verranno spese per il nostro amato regista addirittura da Alfred Hitchcock che in un'intervista affermò testualmente:"Questo giovane ragazzo italiano inizia a preoccuparmi". Il fantoccio animato che assale Giordani nella sua abitazione ha le fattezze del bimbo deforme che rinverremo in un altro film del regista romano ovvero "Phenomena". E’ da questa pellicola in poi che partirà la love story tra l’introverso regista e Daria Nicolodi dal cui matrimonio verrà alla luce la figlia Asia. La sadica e perversa bambina dalle mente contorta che tortura le povere lucertole è Nicoletta Elmi, attrice feticcio di molti registi. Numerose sono infatti le comparsate in tanti film di quegli anni (Reazione a Catena, Gli orrori del Castello di Norimberga, Demoni).
Il personaggio interpretato dalla Nicolodi è esistito veramente: Gianna Brezzi era nientemeno che una collega/amica di Argento nella redazione di Paese Sera, nei suoi trascorsi di critico cinematografico. Inizialmente doveva essere interpretata da Susanna Javicoli (La notte dei Cervi), nota attrice teatrale, che in seguito ad un attacco di modestia, rifiutò la parte troppo importante per lei.
La foto cestinata dalla giornalista Gianna Brezzi, raffigurante l’ex di Mark, altri non è che Marilù Tolo ex di Argento.
Il gioco rivelatorio finale è chiaramente ispirato a "Assassinio allo specchio" della scrittrice Agata Christie.