- 22 Ottobre 2008
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I debiti e la crisi potrebbero liberare le stelle giallorosse.
Quando un uovo supera la rete a protezione del quartier generale giallorosso, Spalletti e i suoi ragazzi smarriti sono davanti alla tv a ripassare gli orrori di Udine. «Questo (un salvagente, ndr) ci serve per salvarci visto che stiamo naufragando in B», urla un tifoso. L’uovo è scoppiato sul muro, la Roma da tempo e se fuori dai cancelli di Trigoria la piazza chiede la rivoluzione (in panchina e dintorni), di rivoluzionario al momento ci sarà ben poco. Sul campo i giallorossi sono in panne, fuori i conti disegnano un futuro ostaggio del presente come non mai.
Spalletti è e resterà il condottiero della Roma perché così dice il contratto (2 milioni di euro a stagione fino al 2011, l’ingaggio netto) e perchè così dicono gli indici economici che andrebbero in tilt se la famiglia Sensi si decidesse a voltare pagina iscrivendo a busta paga un altro allenatore continuando a pagare il toscano dei miracoli fino al maggio scorso. Matrimonio tecnico-club blindato, a meno di rovesci in serie contro Sampdoria, Juventus e Chelsea in una settimana.
Molto meno quello fra i fuoriclasse giallorossi, oggi con le ruote sgonfie, e la Roma. Mexes piace al Milan, ma anche all’Inter, Aquilani è nell’agenda mercato di Juventus, Moratti ed Arsenal, Juan fa gola alle milanesi: senza gloria in Europa e privi del visto Champions per la prossima stagione, impossibile sarebbe per la famiglia Sensi resistere agli assalti oltre Trigoria. Senza contare i corteggiatori di seconda fascia, ma pure nobili, che guardano con interesse a nomi come Cicinho, Doni e Pizarro. Una fuga di talenti, o quasi, che sarebbe imposta dalle cifre se è vero che nelle casse del club di Trigoria per la scorsa avventura europea sono entrati la bellezza di 29,5 milioni di euro, introiti dai diritti per il solo fatto di far parte dell'élite del vecchio continente.
Senza quei soldi, addio calcio mercato se non per qualche piccolo ritocco: così recita il battesimo all’ultima approvazione di bilancio, quella al 30 giugno scorso. Si legge: «...As Roma è esposta ai rischi dell’attività sportiva e dei risultati della prima squadra dalla quale dipendono parte dei ricavi di esercizio a fronte di costi pressoché fissi...». Tradotto: la crisi irreversibile in cui si sta muovendo la Roma va ben al di là della classifica, dei piani di rimonta, della voglia di rimettersi in corsa. In gioco ci sono i sogni e il progetto di un club che continua a camminare con il peso di oltre 350 milioni di euro di debiti verso Unicredit. Domani, la ri-prova del campo. All’Olimpico arriva Cassano, alla prima da ex, alla prima contro l’amico-nemico Totti.
(La Stampa)
Quando un uovo supera la rete a protezione del quartier generale giallorosso, Spalletti e i suoi ragazzi smarriti sono davanti alla tv a ripassare gli orrori di Udine. «Questo (un salvagente, ndr) ci serve per salvarci visto che stiamo naufragando in B», urla un tifoso. L’uovo è scoppiato sul muro, la Roma da tempo e se fuori dai cancelli di Trigoria la piazza chiede la rivoluzione (in panchina e dintorni), di rivoluzionario al momento ci sarà ben poco. Sul campo i giallorossi sono in panne, fuori i conti disegnano un futuro ostaggio del presente come non mai.
Spalletti è e resterà il condottiero della Roma perché così dice il contratto (2 milioni di euro a stagione fino al 2011, l’ingaggio netto) e perchè così dicono gli indici economici che andrebbero in tilt se la famiglia Sensi si decidesse a voltare pagina iscrivendo a busta paga un altro allenatore continuando a pagare il toscano dei miracoli fino al maggio scorso. Matrimonio tecnico-club blindato, a meno di rovesci in serie contro Sampdoria, Juventus e Chelsea in una settimana.
Molto meno quello fra i fuoriclasse giallorossi, oggi con le ruote sgonfie, e la Roma. Mexes piace al Milan, ma anche all’Inter, Aquilani è nell’agenda mercato di Juventus, Moratti ed Arsenal, Juan fa gola alle milanesi: senza gloria in Europa e privi del visto Champions per la prossima stagione, impossibile sarebbe per la famiglia Sensi resistere agli assalti oltre Trigoria. Senza contare i corteggiatori di seconda fascia, ma pure nobili, che guardano con interesse a nomi come Cicinho, Doni e Pizarro. Una fuga di talenti, o quasi, che sarebbe imposta dalle cifre se è vero che nelle casse del club di Trigoria per la scorsa avventura europea sono entrati la bellezza di 29,5 milioni di euro, introiti dai diritti per il solo fatto di far parte dell'élite del vecchio continente.
Senza quei soldi, addio calcio mercato se non per qualche piccolo ritocco: così recita il battesimo all’ultima approvazione di bilancio, quella al 30 giugno scorso. Si legge: «...As Roma è esposta ai rischi dell’attività sportiva e dei risultati della prima squadra dalla quale dipendono parte dei ricavi di esercizio a fronte di costi pressoché fissi...». Tradotto: la crisi irreversibile in cui si sta muovendo la Roma va ben al di là della classifica, dei piani di rimonta, della voglia di rimettersi in corsa. In gioco ci sono i sogni e il progetto di un club che continua a camminare con il peso di oltre 350 milioni di euro di debiti verso Unicredit. Domani, la ri-prova del campo. All’Olimpico arriva Cassano, alla prima da ex, alla prima contro l’amico-nemico Totti.
(La Stampa)