Trovato morto cercatore di funghi

acb

Utente Senior
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19 Marzo 2009
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L'alpinista: abbiamo perso il senso della misura
È stato ritrovato morto questa mattina intorno alle 7 il ricercatore di funghi di 41 anni, che dalla serata di ieri era disperso nei boschi del territorio comunale di Torre Santa Maria (Sondrio). Le ricerche dei soccorritori erano proseguite per tutta la notte, con torce e una fotocellula dei vigili del fuoco del comando provinciale di Sondrio. La vittima, T.P., residente ad Albosaggia (Sondrio) era andata nei boschi con il padre. I due uomini si erano divisi nella ricerca dei funghi, dandosi appuntamento al tardo pomeriggio all'altezza del ponte sul torrente Valdone, dove avevano parcheggiato l'auto prima di iniziare l'escursione. Visto il ritardo del figlio, il genitore alle 19.40 di ieri aveva lanciato l'allarme alla centrale operativa del 118 di Sondrio facendo scattare le ricerche da parte di una ventina di pompieri (alcuni dei quali provenienti anche dalle sedi di Bergamo e Lecco), militari della guardia di finanza, esperti del soccorso alpino della Val Malenco, rocciatori dei carabinieri e volontari della protezione civile. Stamattina il ritrovamento del cadavere, in una zona molto impervia, il cui recupero è ancora in corso.
Secondo i primi accertamenti ad opera degli esperti del soccorso alpino, la vittima (individuata anche con l'aiuto di una unità cinofila del soccorso alpino) - che ufficialmente risiedeva a Sondrio, pur abitando di fatto da tempo ad Albosaggia - avrebbe compiuto un volo di circa 200 metri, una volta messo un piede in fallo sul terreno reso particolarmente scivoloso dalle piogge degli ultimi giorni. Le operazioni di recupero del corpo del 41enne sono state ostacolate dal terreno particolarmente impervio. Nelle prossime ore il magistrato di turno deciderà se disporre l'autopsia o accontentarsi della semplice ricognizione, della salma ora ricomposta nell'obitorio dell'ospedale di Sondrio.

L’ALPINISTA: PERSO IL SENSO DELLA MISURA «La montagna non si vendica. Non è assassina. Siamo noi ad aver perso il senso della misura, sottovalutando i pericoli che ci sono sempre stati». Lo dichiara in un'intervista al 'Corriere della Serà Fausto De Stefani, il secondo alpinista italiano e il sesto al mondo ad aver scalato tutte le 14 vette superiori agli 8mila metri. Parlando dei tanti incidenti ad alta quota De Stefani punta il dito contro «il cambiamento della mentalità alpinistica». Perchè come in tutte le cose, continua, «non ci si può improvvisare. Bisogna imparare il mestiere con lentezza. E, possibilmente, con l'aiuto di qualcuno». Per prime le guide «non rispettano più i tempi. Escono con qualsiasi condizione climatica, pur di guadagnare. Ed ecco che l'escursione diventa un pericolo». Una volta «quando era brutto tempo si stava in baita a giocare a carte - prosegue - Poi quando il tempo si rasserenava, si usciva. Ma adesso è cambiato tutto». Così come la società, spiega, di cui «la montagna è diventata uno specchio». La frenesia della città si è trasferita anche ad alta quota. Dove, però, la disattenzione e la scarsa preparazione, aggiunge, «diventano rischi per la propria vita». «Quando si percorre un sentiero - sottolinea - anche se facile, bisogna concentrarsi. Non si può essere sbadati. Perchè basta un attimo». «Anche perchè la montagna attrae sempre di più il turismo di massa».
Secondo De Stefani si cerca «un nuovo contatto con la natura. Da una parte, una sorta di fuga. Dall'altra il desiderio del silenzio e della pace». E così, spiega ancora al 'Corriere della Serà, «abbiamo perso anche ogni conoscenza degli elementi naturali. Non si ascolta più la montagna che deve essere temuta. Mi fa paura chi non ha paura». L'alpinista sottolinea quanto siano importanti certi accorgimenti come le scarpe che «devono avere suole adatte per ogni terreno», l'abbigliamento «anche se c'è il sole, bisogna portarsi dietro qualcosa di pesante», lo zaino «completo di ogni dettaglio» perchè se ci si perde, ad esempio, «non bisogna andare nel panico». «È inutile continuare a correre su e giù dalla montagna. Quando arriva la sera, ci si deve fermare - continua - Ci si veste con l'abbigliamento che si ha nello zaino per passare una notte al caldo». «Un pò di anni fa quando si andava su un ghiacciaio si partiva alle due di notte - sottolinea De Stefani - Per arrivare in cima all'alba. Oggi, tra le 10 e le 11, si possono trovare escursionisti ancora sulle pareti. Fa già caldo. E quando la temperatura aumenta, a pari passo arrivano anche i rischi». «La montagna non è assassina - conclude - Siamo noi a sbagliare».

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