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LUIGI PIRANDELLO – VITA
Pirandello nasce a Girgenti (Agrigento sotto il dominio fascista) nel 28 giugno 1867 da una famiglia di agiati borghesi. Si iscrive all’università di Palermo, poi si trasferisce a Roma ed infine a Bonn in seguito ad un disguido con un professore. In Germania si fa influenzare dalla cultura tedesca e questa influenza caratterizzò le sue teorie riguardanti l’umorismo. Dal 1892 grazie al padre soggiorna a Roma, ormai deciso a dedicarsi alla sola letteratura, inoltre qui conobbe Luigi Capuana. A Roma scrisse il suo primo romanzo “L’esclusa” e scrisse il suo primo ciclo di romanzi “Amori senza amore” e poco dopo a Girgenti sposò Maria Antonietta Portulano. Tornò a Roma con sua moglie e cominciò a lavorare come supplente di Lingua Italiana e nel 1908 diventò effettivamente docente. Pirandello cominciò a lavorare anche per la rivista “Marzocco” per la quale lavoravano Pascoli e D’Annunzio.
Nel 1903 la miniera nella quale il padre aveva investito tutto il suo patrimonio provocò il dissesto economico, e questo minò ancora di più la vita di D’Annunzio, a causa del crollo degli equilibri psichici della moglie (la quale era già molto debole). La gelosia della moglie è il virus che ha fatto nascere in Pirandello la concezione della famiglia come una trappola nella quale l’uomo è soffocato. A causa dei disagi economici fu costretto a lavorare per il teatro e ad intensificare la produzione di novelle. Si trovò quindi declassato dalla condizione di agiato borghese a quella di piccolo borghese. Scrisse molte novelle sulla sua nuova condizione sociale e le pubblicò. Ebbe un gran successo ma la critica lo vedeva come un umorista minore.
Intensificò il suo lavoro come scrittore di teatro anche se non lasciò mai del tutto le opere narrative. Durante il periodo della guerra scrisse vari drammi che suscitarono nella critica e nel pubblico reazioni sconcertate. La condizione familiare di Pirandello si aggravò, il figlio partito volontario venne fatto prigioniero dagli austriaci ed egli a causa dell’aggravarsi della malattia della moglie fu costretto a chiuderla in un casa di cura. Dopo il delitto Matteotti si iscrisse al partito fascista ottenendo finanziamenti per il suo teatro. Ben presto capì la vuota esteriorità del regime ed attuò un vistoso distacco con un celato disprezzo. Cominciò a curare una nuova raccolta che rimase incompiuta, Novelle per un anno e cominciò a studiare la nuova forma di teatro, il cinema. Nel 1934 gli venne assegnato il premio nobel e il 1936 morì di polmonite.
Visione Del Mondo
Pirandello vede la società come una grossa costruzione capace solo di rinchiudere l’uomo. Pirandello nelle sue opere rifiuta la società che costringe l’individuo a vivere con una maschera, costringe l’individuo ad adottare una forma . Pirandello nella sua esteriorità porta quindi quella maschera da uomo ligio al dovere nascondendo nel suo animo un desiderio di lotta che espone solo grazie alle sue opere, nelle quali cerca di irridere e sminuire la società. Pirandello maggiormente parla della condizione piccolo borghese nell’età Giolittiana, ma ancor di più parla della vita familiare, mettendo in luce l’odio, i rancori e le ipocrisie della famiglia. La vita viene presentata come altra trappola, nella quale i personaggi delle sue novelle sono costretti a vivere con lavori monotoni e declassanti. Pirandello soffre di un pessimismo totale, non riuscendo più a vedere altre vie d’uscita.
Pirandello non ricerca nella storia le cause per cui la società in cui vive non riesce a dargli soddisfazioni. Egli ricerca però una via di fuga per i suoi personaggi, e questo fa si che riversi sempre nell’irrazionalità, come il contabile Bellucca che sogna posti lontani per uscire dalla monotonia della vita sedentaria. Un altro metodo è la pazzia. Un altro ruolo che si presenta nella sua concezione della società è la figura del forestiere della vita, e cioè colui che guarda dall’alto gli altri vivere, ridicolizzandoli. Egli è colui che ha deciso di non prendere nessuna parte nella vita, deride solo coloro che si sono fatti intrappolare. In questa figura riversa l’immagine di Pirandello che rifiuta la figura di intellettuale politico impegnato come gli altri intellettuali.
La Poetica Dell’Umorismo
Dalla visione del mondo possiamo capire la concezione dell’arte di Pirandello e la sua poetica. Possiamo trovarle enunciate in vari saggi, tra cui l’umorismo. Questo saggio è il modo più importante per penetrare nell’universo di Pirandello, e questo è diviso in due parti. La parte storica esamina l’arte umoristica, la parte teorica definisce il concetto di umorismo. Secondo Pirandello l’umorismo si divide in sentimento e riflessione. La riflessione scompone il sentimento e qui nasce il sentimento del contrario. Per rendere meglio l’idea l’autore dice: <<se trovo una vecchia signora vestita come una ragazzina avverto il contrario di quello che dovrebbe essere e rido, però quando capisco le sue reali intenzioni ecco che passo al sentimento del contrario e comincio a provare compassione>>. La riflessione fa si che l’uomo possa vedere la realtà da diverse prospettive. Avvertendo il comico rifletto e avverto il drammatico, così viceversa se sono triste per qualcosa di brutto rifletto e ne avverto il comico.
LE POESIE E LE NOVELLE
Le novelle per un anno
Pirandello scrisse molte opere, ma il periodo più prospero fu nei primi 15 anni del ‘900. Egli scriveva molto per giornali e riviste, e si affrettò a cercare una sistemazione per tutte le sue novelle. Le racchiuse quindi in una raccolta intitolata novelle per un anno, ma di queste furono pubblicati appena 14 volumi rispetto ai 24 decisi all’inizio. Non vi è un ordine particolare nella raccolta di Pirandello, il che rispecchia il suo vero io e il suo pensiero riguardo la frantumazione disordinata del mondo. Pirandello aveva intenzione di scrivere un racconto per ogni giorno dell’anno, ma non riuscì nel suo intento pubblicandone oltre 200.
Le novelle “siciliane”
Le novelle siciliane mostrano la vita dei contadini siciliani e quella degli impiegati piccolo borghesi, naturalmente distinguendoli. Potremmo dire che le novelle siciliane hanno un che di verista, ma ad un’attenta analisi si capisce che Pirandello non mirava alla ricerca scientifica, ma voleva mostrare la Sicilia del tempo nel suo folklore mostrando immagini reali della luna o della terra madre. Pirandello, inoltre, dipingeva quelle figure contadine con un che di strano facendole arrivare al limite del paradossale. Egli cercava sempre quel poco che stravolgeva il mondo (anche se quello contadino). Coglieva anche in quella vita il grottesco, ciò che faceva perdere le speranze di una vita ordinata.
Le novelle piccolo borghesi
In queste novelle Pirandello mette alla luce una serie di personaggi romani, e come sempre non vuole mettere in luce lo studio sociologico di questo gruppo. Questi individui sono (come sempre) intrappolati in una vita fatta di famiglia oppressiva e lavoro monotono, che non gli permettono di essere ciò che vogliono. In questo contesto i personaggi non hanno alcuna via d’uscita da quella prigione, non possono levarsi la maschera ed esplodono in gesti folli e inaspettati che possono comprendere l’estrazione dalla vita con eventuale osservazione da un’infinita lontananza.
L’atteggiamento umoristico
Pirandello utilizza come sempre qualche tratto umoristico quando scrive le sue opere, infatti possiamo vedere come porta al limite dell’inverosimile i suoi personaggi trattandoli come inutili marionette, facendo capire che la legge che comanda la vita non è il rapporto causa effetto ma la casualità più bizzarra avente come cornice l’incoerenza totale. Da questo scaturisce sempre la risata, ma sarà sempre una risata mista a compassione a causa del <<sentimento del contrario>>. I personaggi risvegliano le loro personalità nascoste esternandole in luoghi e spazi lontani da occhi indiscreti, o anche all’improvviso a causa di motivi del tutto casuali o futili.
IL FU MATTIA PASCAL
Il fu Mattia Pascal è il terzo romanzo di Pirandello, ormai cresciuto e che sperimenta nuovi metodi di scrittura. Egli si ritrova improvvisamente libero dalla sua trappola e padrone della sua vita. Vince una cospicua somma a Montecarlo e al suo ritorno scopre di essere morto perché la moglie e la suocera hanno riconosciuto il suo cadavere, ma invece di lasciare la trappola si sforza a crearsi una nuova identità e a vivere una nuova vita. Si nota il suo attaccamento alla trappola, ma si ritrova a non essere più nessuno per la società in quanto Adriano Meis non esiste, cerca di ritornare alla sua vecchia vita ma vede che la società non lo accetta e che sua moglie si è risposata, quindi non gli resta che vivere una vita come forestiero della vita guardando e giudicando il fare degli altri. In questo romanzo Pirandello sperimenta per la prima volta la teoria dell’umorismo, che si appoggia alle vicende di Mattia Pascal per creare ilarità, ma con il sentimento del contrario cominciamo a capire le sventure e la sua condizione reale. Vi è anche un nuovo impianto narrativo, quindi passa da un narratore eterodiegetico ad una narrazione in prima persona, dove chi parla e racconta la storia è il protagonista. Questo è possibile perché si racconta che il protagonista abbia affidato ad un editoriale le sue memorie e che siano state poi pubblicate.
GLI ESORDI TEATRALI E IL PERIODO GROTTESCO
I primi testi
Pirandello era già interessato al teatro agli inizi del ‘900, ma in questi anni i suoi testi non trovavano spazio sulla scena. Solo dal 1910 grazie alla compagnia di Nino Martoglio vennero messi in scena La Morsa e Lumìe di Sicilia. Dal 1915 al 1916 cominciò a scrivere vari testi in dialetto per Angelo Musco, traducendo successivamente in Italiano i suoi scritti così da destinarli ad un pubblico nazionale.
Lo svuotamento del dramma borghese
Pirandello si immerge in un contesto teatrale ove il dramma borghese era predominante. I problemi comunemente affrontati erano la famiglia a causa del denaro e dell’adulterio. Pirandello prende i personaggi e li rinnova, porta questi problemi al massimo facendoli esplodere dall’interno. I ruoli che i personaggi avevano venivano presi in considerazione con estremo rigore e venivano portati al paradosso e all’incoerenza più totale. E’ il caso di fare un esempio: in Pensaci, Giacomino! Il vecchio professor Toti non può costruirsi una famiglia a causa del suo magro stipendio statale, quindi sposa una giovane donna così da costringere lo stato a pagarle la pensione. La cosa che più colpisce però è come il protagonista cerchi di aiutare la sua giovane sposa ad avere rapporti intimi con un suo allievo (Giacomino) in quanto le “corna” andranno al suo mestiere di marito che non gli riguarda e non a lui come persona fisica. In così è(se vi pare) il signor Ponza tiene chiusa in casa sua moglie per non farla vedere alla suocera. Il signor Ponza non vuole farla uscire così che la signora Frola possa pensare che quella donna sia sua figlia, ma in realtà il signor Ponza ha sposato una seconda donna dopo la morte della figlia della signora Frola. Intanto la signora Frola crede che sua figlia non esce di casa per assecondare il marito facendogli credere di essere una seconda moglie. Tutta la cittadina cerca di sapere la verità, ma alla fine si scopre che quella donna non è nessuna delle due, ma solo chi vogliamo che noi sia. Pirandello vuole sottolineare la critica all’ida comune di identità personale.
La rivoluzione teatrale di Pirandello
In questi drammi Pirandello sconvolge due capisaldi del teatro: la psicologia e la verisimiglianza. Gli spettatori non hanno più l’illusione di trovarsi davanti ai luoghi nei quali sono abituati a vivere, ma vedono una scena portata al limite del reale che lascia spaesati e sconcertati. A questo si aggiunge anche l’utilizzo di un linguaggio concitato, convulso pieno di interrogazioni, esclamazioni e sospensioni che lasciano agli spettatori una visione straniata e una lettura prettamente critica. I recensori e il pubblico non erano pronti ad accettare una rivoluzione così forzata del teatro, infatti egli ebbe poco successo. Solo un critico seppe riconoscere il buon gusto di Pirandello, Antonio Gramsci identificò lo scrittore come <<un ardito del teatro capace di creare bombe a mano che scoppiano nel cervello degli spettatori producendo crolli di banalità, rovine di pensiero e sentimento>>.
Il grottesco
Con il piacere dell’onesta e con il giuoco delle parti Pirandello si accosta al grottesco che ormai si affermava nel teatro. Egli da una chiara definizione del termine dicendo che il dramma si presentava trascinandosi dietro la parodia e la caricatura di quello che voleva rappresentare come fosse un ombra. Il grottesco quindi è la forma che l’umorismo ha sulla scena. Con i due drammi già citati egli esprime pienamente la sua definizione, infatti il tragico viene alterato comicamente mettendo in risalto l’ilarità dell’accaduto, così come il comico mette in risalto la sua piccola parte tragica. Angelo Baldovino e Leone Gala si presentano come burattini comici che però sono straziati dalla vita, e questo lo hanno autenticamente sofferto.
IL TEATRO NEL TEATRO
La trilogia metateatrale
La critica di Pirandello alle forme del teatro lavora nelle forme stesse, ma egli nel 1921 decide di portarle alla luce del sole con Sei personaggi in cerca d’autore. I personaggi sono un padre, una madre, un figlio, una figliastra, una bambina e un Giovinetto, nati nella mente di un autore che si rifiutò di scrivere il loro dramma, anche se questo rispecchiava fortemente la borghesia del tempo, essendo questo caratterizzato da adulteri, forti conflitti familiari e tragici e consequenziali lutti. Nella prefazione egli dice che era impossibilitato a scriverlo perché troppo romantico, e mette anche in luce l’impossibilità di rappresentarlo a causa della mediocrità degli attori e dell’incapacità del teatro di mettere in scena quanto partorito dalla mente di uno scrittore. Il dramma venne disprezzato dall’opinione pubblica, però successivamente ebbe un enorme successo su scala mondiale (venne disprezzato a causa del contenuto troppo avanzato che sconvolgeva le convenzioni teatrali dell’epoca). La creazione di nuovi standard del teatro vennero poi ripresi da Pirandello in altri due drammi i quali sono Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto. Con Sei personaggi in cerca d’autore Pirandello affronta il contrasto tra personaggi e attori, con Ciascuno a suo modo fa si che il pubblico cominci a far parte della scena mostrando il contrasto tra attori e pubblico. Questa sera si recita a soggetto invece mostra il contrasto tra attori e regista, visto che quest’ultimo vuole ridurli a soggetto. Gli attori si ribellano, lo cacciano via e cominciano a recitare senza nessuno che li guidi identificandosi pienamente nei personaggi.
Pirandello nasce a Girgenti (Agrigento sotto il dominio fascista) nel 28 giugno 1867 da una famiglia di agiati borghesi. Si iscrive all’università di Palermo, poi si trasferisce a Roma ed infine a Bonn in seguito ad un disguido con un professore. In Germania si fa influenzare dalla cultura tedesca e questa influenza caratterizzò le sue teorie riguardanti l’umorismo. Dal 1892 grazie al padre soggiorna a Roma, ormai deciso a dedicarsi alla sola letteratura, inoltre qui conobbe Luigi Capuana. A Roma scrisse il suo primo romanzo “L’esclusa” e scrisse il suo primo ciclo di romanzi “Amori senza amore” e poco dopo a Girgenti sposò Maria Antonietta Portulano. Tornò a Roma con sua moglie e cominciò a lavorare come supplente di Lingua Italiana e nel 1908 diventò effettivamente docente. Pirandello cominciò a lavorare anche per la rivista “Marzocco” per la quale lavoravano Pascoli e D’Annunzio.
Nel 1903 la miniera nella quale il padre aveva investito tutto il suo patrimonio provocò il dissesto economico, e questo minò ancora di più la vita di D’Annunzio, a causa del crollo degli equilibri psichici della moglie (la quale era già molto debole). La gelosia della moglie è il virus che ha fatto nascere in Pirandello la concezione della famiglia come una trappola nella quale l’uomo è soffocato. A causa dei disagi economici fu costretto a lavorare per il teatro e ad intensificare la produzione di novelle. Si trovò quindi declassato dalla condizione di agiato borghese a quella di piccolo borghese. Scrisse molte novelle sulla sua nuova condizione sociale e le pubblicò. Ebbe un gran successo ma la critica lo vedeva come un umorista minore.
Intensificò il suo lavoro come scrittore di teatro anche se non lasciò mai del tutto le opere narrative. Durante il periodo della guerra scrisse vari drammi che suscitarono nella critica e nel pubblico reazioni sconcertate. La condizione familiare di Pirandello si aggravò, il figlio partito volontario venne fatto prigioniero dagli austriaci ed egli a causa dell’aggravarsi della malattia della moglie fu costretto a chiuderla in un casa di cura. Dopo il delitto Matteotti si iscrisse al partito fascista ottenendo finanziamenti per il suo teatro. Ben presto capì la vuota esteriorità del regime ed attuò un vistoso distacco con un celato disprezzo. Cominciò a curare una nuova raccolta che rimase incompiuta, Novelle per un anno e cominciò a studiare la nuova forma di teatro, il cinema. Nel 1934 gli venne assegnato il premio nobel e il 1936 morì di polmonite.
Visione Del Mondo
Pirandello vede la società come una grossa costruzione capace solo di rinchiudere l’uomo. Pirandello nelle sue opere rifiuta la società che costringe l’individuo a vivere con una maschera, costringe l’individuo ad adottare una forma . Pirandello nella sua esteriorità porta quindi quella maschera da uomo ligio al dovere nascondendo nel suo animo un desiderio di lotta che espone solo grazie alle sue opere, nelle quali cerca di irridere e sminuire la società. Pirandello maggiormente parla della condizione piccolo borghese nell’età Giolittiana, ma ancor di più parla della vita familiare, mettendo in luce l’odio, i rancori e le ipocrisie della famiglia. La vita viene presentata come altra trappola, nella quale i personaggi delle sue novelle sono costretti a vivere con lavori monotoni e declassanti. Pirandello soffre di un pessimismo totale, non riuscendo più a vedere altre vie d’uscita.
Pirandello non ricerca nella storia le cause per cui la società in cui vive non riesce a dargli soddisfazioni. Egli ricerca però una via di fuga per i suoi personaggi, e questo fa si che riversi sempre nell’irrazionalità, come il contabile Bellucca che sogna posti lontani per uscire dalla monotonia della vita sedentaria. Un altro metodo è la pazzia. Un altro ruolo che si presenta nella sua concezione della società è la figura del forestiere della vita, e cioè colui che guarda dall’alto gli altri vivere, ridicolizzandoli. Egli è colui che ha deciso di non prendere nessuna parte nella vita, deride solo coloro che si sono fatti intrappolare. In questa figura riversa l’immagine di Pirandello che rifiuta la figura di intellettuale politico impegnato come gli altri intellettuali.
La Poetica Dell’Umorismo
Dalla visione del mondo possiamo capire la concezione dell’arte di Pirandello e la sua poetica. Possiamo trovarle enunciate in vari saggi, tra cui l’umorismo. Questo saggio è il modo più importante per penetrare nell’universo di Pirandello, e questo è diviso in due parti. La parte storica esamina l’arte umoristica, la parte teorica definisce il concetto di umorismo. Secondo Pirandello l’umorismo si divide in sentimento e riflessione. La riflessione scompone il sentimento e qui nasce il sentimento del contrario. Per rendere meglio l’idea l’autore dice: <<se trovo una vecchia signora vestita come una ragazzina avverto il contrario di quello che dovrebbe essere e rido, però quando capisco le sue reali intenzioni ecco che passo al sentimento del contrario e comincio a provare compassione>>. La riflessione fa si che l’uomo possa vedere la realtà da diverse prospettive. Avvertendo il comico rifletto e avverto il drammatico, così viceversa se sono triste per qualcosa di brutto rifletto e ne avverto il comico.
LE POESIE E LE NOVELLE
Le novelle per un anno
Pirandello scrisse molte opere, ma il periodo più prospero fu nei primi 15 anni del ‘900. Egli scriveva molto per giornali e riviste, e si affrettò a cercare una sistemazione per tutte le sue novelle. Le racchiuse quindi in una raccolta intitolata novelle per un anno, ma di queste furono pubblicati appena 14 volumi rispetto ai 24 decisi all’inizio. Non vi è un ordine particolare nella raccolta di Pirandello, il che rispecchia il suo vero io e il suo pensiero riguardo la frantumazione disordinata del mondo. Pirandello aveva intenzione di scrivere un racconto per ogni giorno dell’anno, ma non riuscì nel suo intento pubblicandone oltre 200.
Le novelle “siciliane”
Le novelle siciliane mostrano la vita dei contadini siciliani e quella degli impiegati piccolo borghesi, naturalmente distinguendoli. Potremmo dire che le novelle siciliane hanno un che di verista, ma ad un’attenta analisi si capisce che Pirandello non mirava alla ricerca scientifica, ma voleva mostrare la Sicilia del tempo nel suo folklore mostrando immagini reali della luna o della terra madre. Pirandello, inoltre, dipingeva quelle figure contadine con un che di strano facendole arrivare al limite del paradossale. Egli cercava sempre quel poco che stravolgeva il mondo (anche se quello contadino). Coglieva anche in quella vita il grottesco, ciò che faceva perdere le speranze di una vita ordinata.
Le novelle piccolo borghesi
In queste novelle Pirandello mette alla luce una serie di personaggi romani, e come sempre non vuole mettere in luce lo studio sociologico di questo gruppo. Questi individui sono (come sempre) intrappolati in una vita fatta di famiglia oppressiva e lavoro monotono, che non gli permettono di essere ciò che vogliono. In questo contesto i personaggi non hanno alcuna via d’uscita da quella prigione, non possono levarsi la maschera ed esplodono in gesti folli e inaspettati che possono comprendere l’estrazione dalla vita con eventuale osservazione da un’infinita lontananza.
L’atteggiamento umoristico
Pirandello utilizza come sempre qualche tratto umoristico quando scrive le sue opere, infatti possiamo vedere come porta al limite dell’inverosimile i suoi personaggi trattandoli come inutili marionette, facendo capire che la legge che comanda la vita non è il rapporto causa effetto ma la casualità più bizzarra avente come cornice l’incoerenza totale. Da questo scaturisce sempre la risata, ma sarà sempre una risata mista a compassione a causa del <<sentimento del contrario>>. I personaggi risvegliano le loro personalità nascoste esternandole in luoghi e spazi lontani da occhi indiscreti, o anche all’improvviso a causa di motivi del tutto casuali o futili.
IL FU MATTIA PASCAL
Il fu Mattia Pascal è il terzo romanzo di Pirandello, ormai cresciuto e che sperimenta nuovi metodi di scrittura. Egli si ritrova improvvisamente libero dalla sua trappola e padrone della sua vita. Vince una cospicua somma a Montecarlo e al suo ritorno scopre di essere morto perché la moglie e la suocera hanno riconosciuto il suo cadavere, ma invece di lasciare la trappola si sforza a crearsi una nuova identità e a vivere una nuova vita. Si nota il suo attaccamento alla trappola, ma si ritrova a non essere più nessuno per la società in quanto Adriano Meis non esiste, cerca di ritornare alla sua vecchia vita ma vede che la società non lo accetta e che sua moglie si è risposata, quindi non gli resta che vivere una vita come forestiero della vita guardando e giudicando il fare degli altri. In questo romanzo Pirandello sperimenta per la prima volta la teoria dell’umorismo, che si appoggia alle vicende di Mattia Pascal per creare ilarità, ma con il sentimento del contrario cominciamo a capire le sventure e la sua condizione reale. Vi è anche un nuovo impianto narrativo, quindi passa da un narratore eterodiegetico ad una narrazione in prima persona, dove chi parla e racconta la storia è il protagonista. Questo è possibile perché si racconta che il protagonista abbia affidato ad un editoriale le sue memorie e che siano state poi pubblicate.
GLI ESORDI TEATRALI E IL PERIODO GROTTESCO
I primi testi
Pirandello era già interessato al teatro agli inizi del ‘900, ma in questi anni i suoi testi non trovavano spazio sulla scena. Solo dal 1910 grazie alla compagnia di Nino Martoglio vennero messi in scena La Morsa e Lumìe di Sicilia. Dal 1915 al 1916 cominciò a scrivere vari testi in dialetto per Angelo Musco, traducendo successivamente in Italiano i suoi scritti così da destinarli ad un pubblico nazionale.
Lo svuotamento del dramma borghese
Pirandello si immerge in un contesto teatrale ove il dramma borghese era predominante. I problemi comunemente affrontati erano la famiglia a causa del denaro e dell’adulterio. Pirandello prende i personaggi e li rinnova, porta questi problemi al massimo facendoli esplodere dall’interno. I ruoli che i personaggi avevano venivano presi in considerazione con estremo rigore e venivano portati al paradosso e all’incoerenza più totale. E’ il caso di fare un esempio: in Pensaci, Giacomino! Il vecchio professor Toti non può costruirsi una famiglia a causa del suo magro stipendio statale, quindi sposa una giovane donna così da costringere lo stato a pagarle la pensione. La cosa che più colpisce però è come il protagonista cerchi di aiutare la sua giovane sposa ad avere rapporti intimi con un suo allievo (Giacomino) in quanto le “corna” andranno al suo mestiere di marito che non gli riguarda e non a lui come persona fisica. In così è(se vi pare) il signor Ponza tiene chiusa in casa sua moglie per non farla vedere alla suocera. Il signor Ponza non vuole farla uscire così che la signora Frola possa pensare che quella donna sia sua figlia, ma in realtà il signor Ponza ha sposato una seconda donna dopo la morte della figlia della signora Frola. Intanto la signora Frola crede che sua figlia non esce di casa per assecondare il marito facendogli credere di essere una seconda moglie. Tutta la cittadina cerca di sapere la verità, ma alla fine si scopre che quella donna non è nessuna delle due, ma solo chi vogliamo che noi sia. Pirandello vuole sottolineare la critica all’ida comune di identità personale.
La rivoluzione teatrale di Pirandello
In questi drammi Pirandello sconvolge due capisaldi del teatro: la psicologia e la verisimiglianza. Gli spettatori non hanno più l’illusione di trovarsi davanti ai luoghi nei quali sono abituati a vivere, ma vedono una scena portata al limite del reale che lascia spaesati e sconcertati. A questo si aggiunge anche l’utilizzo di un linguaggio concitato, convulso pieno di interrogazioni, esclamazioni e sospensioni che lasciano agli spettatori una visione straniata e una lettura prettamente critica. I recensori e il pubblico non erano pronti ad accettare una rivoluzione così forzata del teatro, infatti egli ebbe poco successo. Solo un critico seppe riconoscere il buon gusto di Pirandello, Antonio Gramsci identificò lo scrittore come <<un ardito del teatro capace di creare bombe a mano che scoppiano nel cervello degli spettatori producendo crolli di banalità, rovine di pensiero e sentimento>>.
Il grottesco
Con il piacere dell’onesta e con il giuoco delle parti Pirandello si accosta al grottesco che ormai si affermava nel teatro. Egli da una chiara definizione del termine dicendo che il dramma si presentava trascinandosi dietro la parodia e la caricatura di quello che voleva rappresentare come fosse un ombra. Il grottesco quindi è la forma che l’umorismo ha sulla scena. Con i due drammi già citati egli esprime pienamente la sua definizione, infatti il tragico viene alterato comicamente mettendo in risalto l’ilarità dell’accaduto, così come il comico mette in risalto la sua piccola parte tragica. Angelo Baldovino e Leone Gala si presentano come burattini comici che però sono straziati dalla vita, e questo lo hanno autenticamente sofferto.
IL TEATRO NEL TEATRO
La trilogia metateatrale
La critica di Pirandello alle forme del teatro lavora nelle forme stesse, ma egli nel 1921 decide di portarle alla luce del sole con Sei personaggi in cerca d’autore. I personaggi sono un padre, una madre, un figlio, una figliastra, una bambina e un Giovinetto, nati nella mente di un autore che si rifiutò di scrivere il loro dramma, anche se questo rispecchiava fortemente la borghesia del tempo, essendo questo caratterizzato da adulteri, forti conflitti familiari e tragici e consequenziali lutti. Nella prefazione egli dice che era impossibilitato a scriverlo perché troppo romantico, e mette anche in luce l’impossibilità di rappresentarlo a causa della mediocrità degli attori e dell’incapacità del teatro di mettere in scena quanto partorito dalla mente di uno scrittore. Il dramma venne disprezzato dall’opinione pubblica, però successivamente ebbe un enorme successo su scala mondiale (venne disprezzato a causa del contenuto troppo avanzato che sconvolgeva le convenzioni teatrali dell’epoca). La creazione di nuovi standard del teatro vennero poi ripresi da Pirandello in altri due drammi i quali sono Ciascuno a suo modo e Questa sera si recita a soggetto. Con Sei personaggi in cerca d’autore Pirandello affronta il contrasto tra personaggi e attori, con Ciascuno a suo modo fa si che il pubblico cominci a far parte della scena mostrando il contrasto tra attori e pubblico. Questa sera si recita a soggetto invece mostra il contrasto tra attori e regista, visto che quest’ultimo vuole ridurli a soggetto. Gli attori si ribellano, lo cacciano via e cominciano a recitare senza nessuno che li guidi identificandosi pienamente nei personaggi.
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