Il calcio per lui non è stato solo una passione di ragazzino o una professione su cui scommettere da adulto, ma una speranza di salvezza: un’ancora da stringere forte nei momenti difficili. Luigi Vitale, terzino ventunenne del Napoli, il film della sua vita lo ha rivisto ieri mattina, nelle lunghe attese di un processo d’appello alla camorra di Castellammare di Stabia. Uno spettatore tra tanti, seduto lì accanto a parenti di imputati e detenuti, uomini e donne in attesa di incrociare uno sguardo o un sorriso con i propri cari al di là delle sbarre del Tribunale di Napoli.
Una giornata diversa dal solito: Vitale è il cugino di un imputato in un processo al clan D’Alessandro, uno che ha più o meno la sua stessa età e che porta il suo stesso nome. Aula 311, toni dimessi, umile e maturo nei suoi jeans stonewash, in scarpe Nike, shirt e un borsello portato a tracolla. Spettatore tra tanti, una conferma vivente che a volte sogni e sacrifici portano lontano.
Si schernisce, non parla volentieri della sua mattinata giudiziaria: «C’è la mia famiglia, punto. Non ho nulla da dire. Un cugino che non vedevo da molto, volevo salutarlo, anche se da lontano». Poi, il Napoli, la sua voglia di vincere, di conquistare un ruolo nella squadra di Reja. Circondato da amici e parenti, rivede il gol contro il Benfica in coppa Uefa, il San Paolo che esplode. Poi l’infortunio e la voglia di ritornare titolare, aggrappandosi a un sogno che ha portato lontano l’ex scugnizzo stabiese.
Sport e Tribunale, calcio e aula di giustizia non sono una novità per Luigi Vitale. Lo ricorda con un pizzico d’ironia, l’avvocato Vincenzo Propenso, penalista del foro di Torre Annunziata che conosce il calciatore da ragazzino. E che racconta un aneddoto sul debutto del terzino nel Napoli: «Nel 2006, la sua prima partita in C contro la squadra della sua città, la Juve Stabia. Una presenza in campo decisiva, non solo per la carriera ma anche per sgomberare il campo da equivoci giudiziari.
Vitale venne indirettamente coinvolto in un’inchiesta sullo spaccio di droga a Castellammare di Stabia, un evidente errore di persona, ma viene assolto nel più facile dei modi: presentai in aula la copia del lunedì di un quotidiano sportivo - spiega il penalista - e mostrai la formazione del Napoli. Il giudice assolse Vitale e gli regalò una battuta: quando segnerai il primo gol, ricordati di me e dedicami la maglia».